4. La nascita e lo sviluppo dei Comuni
 

La rinascita dei centri urbani. Il profon­do rinnovamento spirituale, sociale ed economico verificatosi in Europa intor­no al Mille aveva dato origine a una rapi­da rinascita delle città, favorita dallo svi­luppo del commercio, dalla maggiore circolazione di moneta e dalla formazio­ne di grossi capitali nelle mani di intra­prendenti mercanti. Tra l’XI e il XII seco­lo le città subirono una profonda evolu­zione anche di natura politica, soprat­tutto in Italia: esse infatti si liberarono progressivamente dal rigido controllo dei feudatari e conquistarono una sempre maggiore autonomia e indipendenza. Al chiuso e ormai statico mondo feudale, basato sui valori della proprietà terriera e della guerra e su un'economia di tipo curtense, si andava così contrapponen­do il dinamismo della città, con la su forza operosa, con la sua intraprendenza, con il suo desiderio di lavoro e di gua­dagno e, soprattutto, con l’aspirazione a esercitare direttamente tutte quelle funzioni amministrative e politiche che erano state fino a quel momento una prerogativa del vescovo-conte o del feudatario laico.

Nascono i primi comuni. Sorsero così le prime forme del movimento comunale, che trovò terreno fertile in Francia, in Germania e nei Paesi Bassi, ma che si svi­luppò soprattutto nell'Italia centro-se­ttentrionale: qui i Comuni approfittarono del progressivo indebolimento dell'autorità imperiale per comportarsi poco a poco come piccoli Stati indipendenti, sia pure di dimensioni territorialmente modeste. Il governo comunale era basa­to sulla elettività delle cariche, elemento radicalmente nuovo rispetto al rigido ordinamento feudale. In Italia le prime città che giunsero a darsi una costituzio­ne comunale, e quindi a governarsi da sole furono le repubbliche marinare, città portuali che, per la loro particolare posizione geografica e per le ampie pos­sibilità di commercio offerte dal mare, riuscirono abbastanza facilmente a sot­trarsi al predominio bizantino o longo­bar_do e a raggiungere l'indipendenza. Già nel IX secolo, quindi, il "Comune" era una realtà operante ad Amalfi, Pisa, Geno­va e Venezia, dove la popolazione eleg­geva liberamente i propri governanti e organizzava in modo del tutto autono­mo le proprie forze militari.

 

 

 

Dalle libere associazioni cittadine al comune. Molto più tardi invece, e più preciisamente tra l’XI e il XII secolo, sor­sero i primi Comuni nelle città dell'en­troterra. Un esempio emblematico è quel­lo della città di Milano, che giunse tra i1 1040 e il 1045 alla creazione del Comu­ne dopo un'aspra lotta sostenuta dal popolo contro Ariberto da Intimiano. La rivendicazione di autonomia delle città si fondava sulla presa di coscienza della loro forza economica, della loro capacità di creare ricchezza, di attrarre un numero crescente di persone e di mol­tiplicare le attività produttive. Nell'am­bito delle città più ricche e popolose i nobili senza feudo, i mercanti e gli arti­giani, cresciuti di numero e di impor­tanza, cominciarono a riunirsi sponta­neamente in libere associazioni, tenden­ti a difendere gli interessi degli associa­ti e a sottrarli all'arbitrio dei loro anti­chi signori. Divenute col tempo sempre più forti e organizzate, tali associazioni ottennero in molti casi la protezione del vescovo-con­te locale, che trovava in esse un alleato nella lotta contro i grandi feudatari del contado e che quindi era ben disposto a concedere agli "associati" particolari favo­ri e diritti (immunità), come ad esempio quello di portare armi e disporre libera­mente dei propri beni. In tal modo, però, il vescovo-conte perdeva parte della pro­pria autorità, mentre le associazioni pri­vate diventavano sempre più forti e ten­devano a sostituirsi a lui per dare vita a un nuovo sistema di governo. Natural­mente, l'iniziativa partiva sempre dai cit­tadini più importanti, più attivi, più riso­luti, che si univano in un patto giurato per costituire un libero Comune, il pri­mo esempio di democrazia in Europa. Tale trasformazione avvenne in modo gra­duale, attraverso concessioni più o meno spontanee o usurpazioni violente. Dopo una fase di aspre lotte contro i feudatari del contado, le comunità rurali vennero a loro volta progressivamente incorpora­te dal Comune vincitore, tanto che nel XIII secolo si può dire che il feudo nel­l'Italia centro-settentrionale fosse già scom­parso. In tal modo, intere regioni finiro­no per fare capo economicamente e poli­ticamente a una città, trasformandola in un piccolo Stato repubblicano fondato su una completa fusione tra centro urba­no e territorio rurale circostante. Tale Sta­to deteneva attraverso i propri rappresentanti poteri quasi sovrani: creava le sue leggi, coniava le sue monete, aveva i suoi tribunali, armava il suo esercito e dichiarava le sue guerre. Ecco perché il Comune medievale può essere definito un'associazione privata e volontaria sorta tra membri di classi socia­li diverse in difesa di determinati diritti e interessi.

 
Concetti chiave

Comune. II fenomeno comunale, che segnò i secoli del Basso Medioevo fino all'avvento della Signoria, fece la sua comparsa tra la fine dell'XI e l'inizio del XII secolo, con caratteristiche e tempi diversi nelle diverse aree d'Eu­ropa. Le regioni economicamente più sviluppate furono le prime a ottenere forme di indipendenza politica dai poteri tradizionali, mentre nelle aree economicamen­te più depresse e in cui il potere feudale era più sal­do, il Comune fece la sua comparsa molto più tardi, o addirittura mai. Laddove i governi feudali avevano instaurato una salda struttura accentratrice, come in Inghilterra e nell'Italia meridionale, ad esempio, la nascita di movimenti autonomistici risultò fortemen­te ostacolata. I centri propulsori del fenomeno comu­nale furono invece l'Italia centro-settentrionale, la regione francese compresa tra la Senna e il Reno, e le Fiandre. Nelle città i ceti urbani emergenti - mercanti e artigia­ni - mirarono a ottenere un'autonomia amministra­tiva e finanziaria e, attraverso organi di governo indi­pendenti e leggi scritte, riuscirono a poco a poco a limitare gli abusi tipici della società feudale. II potere dei nuovi ordinamenti cittadini, non godendo di nes­sun riconoscimento da parte delle autorità superiori, e non essendo consacrato dall'autorità religiosa, nasce­va quindi dal basso, in netta opposizione a quello del­l'imperatore o dei feudatari da lui prescelti.

 
 

Una nuova economia. La nascita del Co­muni è strettamente legata al sorgere di una economia commerciale, che prese il sopravvento sull'economia delle cor­ti, di carattere essenzialmente agricolo. Essa era fondata non sulla proprietà ter­riera, ma sugli scambi, sul denaro e sul lavoro, ed era gestita da una nuova clas­se di persone intraprendenti e insoffe­renti verso i ristretti limiti del feudo, che intrecciavano relazioni commerciali con genti e paesi anche lontani nei mercati e nelle fiere annuali, come quelle famose delle Fiandre e della Champagne e in seguito dei nuovi centri commerciali di Lione, Colonia, Norimberga, Augusta. Amburgo e Lubecca. In tal modo la cur­tis feudale, costituita attor­no al castello e al borgo a esso unito, si immiserì sempre più e perse importan­za: si ricominciò a viaggiare, proprio men­tre le città, abitate da una popolazione eterogenea, dedita a una grande varietà di mestieri e professioni (notai, medici, scrivani, mercanti, artigiani ecc.), anda­vano ampliando le proprie mura e costruen­do nuovi edifici religiosi e civili.

Disuguaglianza tra le classi. I Comuni erano dunque nati come fieri difen­sori della propria libertà; essi però non garantivano a tutti i loro cittadini un'u­guaglianza giuridica, in quanto lasciava­no sussistere profonde differenze di clas­se. Esistevano al loro interno quattro classi sociali - i nobili, il popolo grasso, il popolo minuto e la plebe -, in peren­ne lotta fra loro per rivendicare diritti e libertà. Ai conflitti interni si aggiunsero rapidamente anche le guerre tra Comune e grandi feudatari e tra Comune e Comu­ne. Si venne determinando così una situazione ­di instabilità politica, che tra la fine del XII e l'inizio del XIII secolo rese precario il funzionamento delle istitu­zioni comunali e impossibile garantire l’ordine e la tranquillità. Per uscire da questo stato di crisi, molti Comuni, che fino ad allora erano stati retti dai Consoli, espressione dell'aristo­crazia cittadina, affidarono il loro governo a ­Podestà chiamati da un'altra città per avere la garanzia che fossero estranei (almeno in teoria) alle lotte locali. Nep­pure così però si riuscì a eliminare la cre­scente conflittualità. Nel XIII secolo la grande borghesia, sen­tendosi economicamente forte, cercò di impadronirsi del potere, detenuto pre­valentemente dagli aristocratici. Dopo fasi più o meno lunghe di conflitto, essa riuscì a imporre l'elezione di un Capi­tano del popolo, incaricato di tutelare i suoi interessi contro le prepotenze o gli abusi dei nobili, con l'assistenza di un Consiglio minore delle Arti e dei Prio­ri, costituito dai capi di tutte le Corpo­razioni o Arti, e di un Consiglio mag­giore o del popolo, di cui faceva parte tutta la borghesia cittadina. Questo nuo­vo tipo di governo comunale sanciva la definitiva affermazione della grande bor­ghesia cittadina, che fondava il proprio potere sulla ricchezza e sul controllo eco­nomico esercitato mediante le Arti o Corporazioni di mestiere.

 

Le tre tappe delle istituzioni comunali

Il GOVERNO DEI CONSOLI

Il GOVERNO DEI PODESTÀ Il GOVERNO DEL "POPOLO"
I Consoli appartengono alla nobiltà, esercitano funzioni esecutive, hanno il potere di decidere in materia di politica estera e comandano le milizie cittadine. Restano in cari­ca un solo anno. Ben presto si mostrano inadeguati a gestire i con­flitti tra le famiglie nobili e quelle della ricca borghe­sia cittadina. I Podestà esercitano le stesse funzioni dei con­soli, ma vengono chiamati da fuori in modo da garantire equità e tutelare i diritti di tutti i cittadini. A metà del XIII secolo vengono affiancati dai Capitani del popolo per difendere gli interessi dei ricchi borghesi. Il "popo­lo" (rappresentato dalla borghesia del commercio, dall'artigianato dei mestie­ri, tutti coloro cioè che sono iscritti alle Arti o Corporazioni) assume un ruolo importante e prevale sulla nobiltà.