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1. LO SCHEMA DELLA COMUNICAZIONE E I SUOI INTERPRETI

 

La parola comunicazione deriva dal latino communico («mettere in comune») e da communicatio («partecipazione»). Quando si comunica, infatti, si mettono in comune messaggi e informazioni con altre persone. NON SI PUO’ NON COMUNICARE: in qualsiasi situazione ci troviamo i nostri comportamenti esprimono sempre qualche cosa, indipendentemente dalla nostra volontà, e a questo fenomeno non possiamo sottrarci. Possiamo eliminare una forma o un’altra di comunicazione, ma non la comunicazione stessa. 

Roman Jakobson (1896–1982), linguista statunitense di origine russa, ha descritto il processo comunicativo indicandone sei elementi essenziali, ricorrenti in qualsiasi forma di comunicazione: mittente (o emittente), destinatario (o ricevente), messaggio, referente o contesto, canale e codice.

 

 

a. EMITTENTE è colui che dà origine all’atto comunicativo, cioè trasmette il messaggio

 

b. DESTINATARIO è colui al quale l’atto comunicativo è destinato, cioè riceve il messaggio

l’atto di comunicazione, per essere tale, deve concludersi con la ricezione del messaggio da parte del destinatario, pena la nullità dello stesso; se spedisco una lettera e questa non arriva al destinatario l’atto comunicativo non si è compiuto.

Ci sono alcuni casi particolari di rapporto emittente-destinatario:

– emittente e destinatario coincidono: in genere emittente e ricevente sono diversi; c’è, però, un caso in cui essi coincidono: quando l’io riflette, elabora, sogna, e quindi si rivolge a se stesso:

– l’emittente diventa destinatario e il destinatario diventa emittente: questo continuo cambio di ruoli è caratteristico dei dialoghi.

– l’emittente si rivolge a più destinatari: pensiamo a una conferenza o a quando si scrive un libro.

 

c. MESSAGGIO è l’insieme di informazioni inviate dall’emittente al destinatario

Se consideriamo emittente e destinatario come i due poli delle comunicazione, l’insieme di informazioni che passano tra i due poli, ossia ciò che viene comunicato, si chiama messaggio.

 

d. CODICE è l’insieme di segni (e le regole per combinarli insieme) usati per comunicare

Perché il messaggio possa venire compreso deve venire formulato mediante un codice (verbale o non verbale che sia) conosciuto sia dall’emittente sia dal destinatario.  

Formulare un messaggio in un codice è una operazione di CODIFICAZIONE; comprenderlo, ossia interpretarlo, è una operazione di DECODIFICAZIONE. Trasportare un messaggio da un codice all’altro è una operazione di TRANSCODIFICAZIONE.

 

e. CANALE (CONTATTO) è il mezzo fisico usato per la trasmissione del segno dall’emittente al destinatario

Il messaggio codificato dall’emittente deve poter arrivare al destinatario, altrimenti la situazione comunicativa non si attua. Il canale rappresenta il mezzo mediante il quale il messaggio partito dall’emittente arriva al destinatario (se non utilizziamo la posta-canale, la lettera non arriva al destinatario e quindi è come se non l’avessimo mai scritta, ai fini comunicativi).

 

f. CONTESTO è il quadro d’insieme delle informazioni e conoscenze (linguistiche, storiche, culturali e situazionali) che, essendo comuni sia al mittente sia al destinatario, consentono l’esatta comprensione del messaggio.

Leggiamo il seguente testo: Anche qui non è lecito interpretare come mera cosità il carattere di mezzo proprio dell’utilizzabile che non è ancora stato ambientalmente scoperto, come se si trattasse della pre-comprensione della semplicepresenza. (Martin Heidegger, Essere e tempo, Milano 1976, trad. Piero Chiodi).

In questa situazione comunicativa (la lettura del testo) sono presenti tutti gli elementi necessari: emittente (l’autore del brano: M. Heidegger), destinatario (noi lettori), il messaggio (deve esserci un messaggio, il brano non è privo di significato), il codice (linguaggio verbale scritto), il canale (foglio scritto e vista). Eppure la situazione comunicativa non è andata a buon fine. Perché?

Forse non abbiamo capito il significato del testo, ma abbiamo capito che si tratta di un testo di filosofia, adatto ad esperti della materia; possiamo dire che la possibilità di comprendere il significato del testo è legato alle conoscenze che noi abbiamo della materia. Questo insieme di conoscenze viene definito da Jakobson CONTESTO.

La conoscenza del codice non garantisce la comprensione del messaggio e quindi il realizzarsi della

situazione comunicativa. Il messaggio decodificato viene rapportato ad un insieme di informazioni possedute dal destinatario (comuni all’emittente) e solo allora è possibile la comprensione. Questo insieme di informazioni viene definito CONTESTO.

Per comprendere meglio questo concetto vediamo un secondo esempio; immaginiamo due gemelli entrambi conoscitori del codice linguistico; un gemello si accorda con un amico per la conclusione di un particolare affare; il giorno dopo l’amico incontra non il gemello del giorno precedente, ma l’altro, lo scambio di battute tra i due potrebbe essere il seguente:

Amico: “Ciao, allora siamo d’accordo concludiamo l’affare?”

Gemello (sbagliato): “Non capisco di cosa stai parlando!?!”

pur avendo decodificato correttamente il messaggio, il gemello sbagliato non riesce a capire il senso dello stesso, non riesce a farlo perché gli manca il contesto in cui inserire quel messaggio. Più in generale la comprensione dei messaggi rinvia a tre diverse tipologie di contesti:

 

– CONTESTO SITUAZIONALE = ambiente fisico, insieme di condizioni in cui avviene la comunicazione: la frase “Occorre un buon taglio” significa cose diverse se espressa dal barbiere, dal sarto, o trovandosi in una situazione difficile.

 

– CONTESTO LINGUISTICO = insieme di informazioni forniteci dagli altri elementi linguistici: la frase “50.000 giovani impazziti.” induce ad un senso di smarrimento se non fosse chiarito il senso con il successivo “Ieri sera a Milano il concerto di Vasco Rossi”)

 

– CONTESTO CULTURALE = come conoscenze di fatti, persone, idee, oggetti cui si riferisce

la frase “La Caritas accusa il Governo: sugli immigrati ha fallito”  per essere pienamente compresa presuppone delle conoscenze relative al che cos’è la Caritas, di quale Governo si sta parlando, quali norme sono state emanate dal governo con riferimento agli immigrati

 

Oltre a quelli visti vi sono altri due elementi (non definiti da Jakobson) che sono in qualche modo collegati alle situazioni comunicative:

 

g. RUMORE = tutto ciò che disturba la comunicazione

Qualsiasi sia la natura del disturbo:

· legato all’emittente (per esempio, disturbi di pronuncia ad esempio)

· legato al canale (segnale telefonico disturbato)

· legato al contesto (mancanza delle informazioni necessari)

 

h. RIDONDANZA = ripetizione della stessa informazione, magari usando codici diversi

Se per chiamare una persona oltre al messaggio linguistico “vieni!” uso, contemporaneamente anche altri tipi di codice, ad esempio un cenno della mano e un sorriso, io moltiplico la stessa informazione e quindi si può parlare di ridondanza. La ridondanza, nelle intenzioni, si attua per facilitare la comunicazione.

 

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© luciano zappella