L'equivoco del realismo: rappresentazione totale e realismo letterario

 

1. il  Decameron, commedia umana

La straordinaria varietà di vicende, ambienti, personaggi, motivi, dati storici, dati di cronaca contemporanea, luoghi geografici presenti nel Decameron ha fatto parlare di "realismo" boccacciano, nel senso che tutti questi elementi concorrono alla rappresentazione di un mondo concreto e ben circostanziato.

Sono gli stessi elementi che giustificano in qualche modo anche la definizione del Decameron come commedia umana, sia nella prospettiva desanctisiana di una "commedia" antitetica a quella "divina" di Dante, sia nella prospettiva moderna, come quella di Branca, di una "commedia umana" complementare a quella dantesca, come espressione dell'altra faccia del Medioevo. In realtà, i fotogrammi delle cento novelle proiettano, nel loro insieme, questa sorta di commedia umana perché Boccaccio intende rappresentarvi tutto il mondo a lui noto: non solo la realtà contemporanea e familiare, individuabile attraverso le coordinate di precisi spazi storici e geografici (Firenze, l'Italia, il Mediterraneo, l'Europa), ma anche quella di personaggi dell'antichità o di ambienti esotici; non solo una fascia sociale, una tipologia umana, una categoria psilogica, un piano di avvenimenti, ma l'interezza del fenomeno uomo nelle sue multiformi espressioni storiche e culturali. Il realismo di Boccaccio si propone di abbracciare una totalità che è, nello stesso tempo, storica, geografica, culturale, antropologica.

 

2. il mondo finto del Decameron

È questa la natura propria dell'arte realistica boccacciana, di contro all'equivoco di un realismo concepito come tendenza alla rappresentazione oggettivistica e "veristica" della realtà in genere e di quella contemporanea in specie, per la quale Boccaccio risulterebbe il grande narratore della borghesia mercantile. Ma non si tratta di una riproduzione speculare della realtà: il mondo del Decameron è, nella sua sostanza più vera, un mondo finto che si pone come realtà, un mondo letterario che ri-produce, ri-fonda la realtà secondo schemi e modi suoi propri. C'è dunque da chiedersi: qual è la "vera" realtà? Quella storica della peste o quella dell'autore che la racconta e la utilizza come cornice narrativa? Quella dei giovani che si allontanao per raccontare a loro volta delle novelle o quella degli ambienti, dei personaggi delle vicende delle cento novelle raccontate? Non è possibile cogliere e definire il confine tra un aspetto e l'altro. Per limitarci alla narrazione della peste, la descrizione della calamità assume risalto drammatico attraverso lo stile, il linguaggio, la successione di quadri e scenari cittadini e rurali, ma non certo per un intento documentario, storiografico, veristico - quale per certi aspetti sarà quello di Alessandro Manzoni :- per la peste di Milano nei Promessi Sposi, per esempio - e nemmeno per la caratteristica di  particolare partecipazione emotiva, etica e politica dell'autore alla vicenda. La peste è per Boccaccio, come per Petrarca, sul piano personale un pericolo da fuggire, sul piano letterario nient'altro che una splendida occasione per giustificare la struttura narrativa dell'opera. Ciò che a molti critici moderni è parso "realismo" come scelta ideologica e laica, nella sostanza non è che un registro narrativo, cioè un particolare modo di raccontare, aderente in qualche modo ad una precisa realtà storica, ma senza che questa adesione sia esclusiva e comporti poi nella coscienza dell'autore una particolare simpatia per il mondo rappresentato.

 

3. intreccio di storia e letteratura

Il significato del Decameron è tutto da ricercare nell'intreccio di realtà e di storie, di storia e di letteratura, in cui, a turno, l'una costituisce il fondamento all'altra e, insieme, l'una fa da riflesso all'altra, in un gioco di specchi che si rimandano le immagini all'infinito.

Nell'opera boccacciana viene affermato su ogni altro il principio del racconto - quindi della letteratura - come strumento di "fondazione della realtà": nel racconto si realizza il progetto di assumere la realtà oggettiva (l'orrida peste) nella sua complessità e drammaticità, quindi di interpretarla, di riscattarla e di riordinarla e, se necessario, ri-fondarla attraverso l'opera letteraria. Un tale progetto sembra riproporre, per la prima volta nella modernità, qualcosa di analogo al significato del teatro tragico antico.

4. i tre livelli narrativi

L'affermazione della letteratura su ogni altro elemento si realizza, nel concreto della pagina narrativa, mediante il procedimento dei tre livelli o gradi narrativi già accennati: quello dell'autore che narra (o supercornice), quello dei narratori delle singole giornate (o cornice) e quello delle novelle raccontate. Col Decameron siamo in presenza di un sistema di meccanismi di racconto nel quale Boccaccio può compiutamente realizzare la propria idea di letteratura come invenzione e, insieme, riproduzione di realtà, e la sua attualissima concezione della letteratura come forma suprema di comunicazione. Se ne ha una testimonianza significativa nel tema proposto per la Sesta giornata (si ragiona di chi con alcun leggiadro motto, tentato, si riscotesse. o con pronta risposta o avvedimento fuggì perdita o pericolo o scorno) - significativamente presente anche nelle novelle della Prima giornata - il cui senso fondamentale è: la parola, intelligente e opportunamente usata, risolve le situazioni contingenti, crea e distrugge le identità, dà e toglie spessore alla realtà.

Il procedimento narrativo di Boccaccio, dunque, è l'espressione di un realismo essenzialmente letterario: l'aggettivo sottolinea l'angolazione e la caratterizzazione specifica del progetto dell'autore, che con la parola, con la narrazione, rappresenta un mondo di finzione come mondo di realtà.

realismo

Il termine indica sia la posizione filosofica che afferma l'esistenza della realtà indipendentemente dall'attività del soggetto che la conosce (e comprende dunque l'insieme dei sistemi filosofici che hanno variamente adottato ed elaborato tale concezione), sia l'indirizzo estetico-ideologico che ritiene che l'arte debba riprodurre il più fedelmente possibile la realtà, riducendo al minimo la mediazione soggettivistica. Ma l'eccessiva genericità del concetto finirebbe col renderne impossibile una definizione concreta; si è dunque concordi nel circoscriverlo all'accezione storicamente determinata che vede nel Realismo il movimento artistico nato in Francia intorno alla metà del XIX secolo, ma preparato da alcuni fenomeni settecenteschi, quali la nascita del romanzo inglese.

Il Realismo ottocentesco trova infatti principale applicazione nella forma del romanzo, in particolare in quello francese (Honoré de Balzac, Gustave Flaubert, Stendhal) e russo (Fédor Dostoevskij, Lev N. Tolstoj) e si afferma come espressione di un punto di vista borghese.

Nell'ambito della vasta corrente realistica emegono poi movimenti più specifici, quali il Naturalismo francese e il Verismo italiano, che sono in seguito ripresi e rivisti nel corso del Novecento, come ad esempio è accaduto con il Neorealismo, movimento letterario, artistico e cinematografico italiano che intende rappresentare la crudezza della realtà per denunciare i profondi mali sociali del Paese nell'immediato Dopoguerra.

Forme di realismo sono tuttavia già riconoscibili in epoche assai antiche della storia letteraria: dalla poesia omerica, minuziosa nel descrivere gli aspetti della quotidianità, alla letteratura latina classica (il Satyricon di Petronio), dai canti dei goliardi ai fabliaux, dai rimatori comico-realisti toscani a Boccaccio, il cui Decameron offre il primo, effìcaced tentativo borghese di oltrepassare la rappresentazione aristocratico-eroica - idealizzata e idealizzante - del mondo che era stata propria dell'epica classica. (torna su)