Agostino, De civitate Dei VI, 11

     
  Quid de Iudaeis Seneca senserit. Hic inter alias civilis theologiae superstitiones reprehendit etiam sacramenta Iudaeorum et maxime sabbata, inutiliter eos facere affirmans, quod per illos singulos septenis interpositos dies septimam fere partem aetatis suae perdant vacando et multa in tempore urgentia non agendo laedantur. Christianos tamen iam tunc Iudaeis inimicissimos in neutram partem commemorare ausus est, ne vel laudaret contra suae patriae veterem consuetudinem, vel reprehenderet contra propriam forsitan voluntatem. De illis sane Iudaeis cum loqueretur, ait: Cum interim usque eo sceleratissimae gentis consuetudo convaluit, ut per omnes iam terras recepta sit; victi victoribus leges dederunt. Mirabatur haec dicens et quid divinitus ageretur ignorans subiecit plane sententiam, qua significaret quid de illorum sacramentorum ratione sentiret. Ait enim: Illi tamen causas ritus sui noverunt; maior pars populi facit, quod cur faciat ignorat. Sed de sacramentis Iudaeorum, vel cur vel quatenus instituta sint auctoritate divina, ac post modum a populo Dei, cui vitae aeternae mysterium revelatum est, tempore quo oportuit eadem auctoritate sublata sint, et alias diximus, maxime cum adversus Manichaeos ageremus, et in hoc opere loco opportuniore dicendum est.

 

      Giudizio di Seneca sul culto giudaico. Tra le altre superstizioni della teologia dello Stato Seneca riprende anche i riti degli Ebrei e soprattutto il sabato. Pensa che si comportino senza senso pratico, perché con quei giorni ricorrenti ogni settimo perderebbero nel riposo circa una settima parte della vita e in questo modo sarebbero lesi molti interessi che incalzano nel tempo. Non ha voluto nominare né in un senso né nell'altro i cristiani che già da allora erano profondamente odiati dai Giudei, tanto per non lodarli contro l'antica usanza della sua patria, quanto per non biasimarli forse contro la propria intenzione. Parlando dei Giudei, ha detto: Essendo frattanto invalsa l'usanza di un popolo di mascalzoni al punto che è stata accolta in tutti i paesi, i vinti hanno dettato leggi ai vincitori. Si meravigliava nel dire queste parole e non sapendo ciò che avveniva per divina disposizione ha aggiunto una frase con cui svelò la propria opinione sul significato di quei riti. Dice infatti: Quelli sanno tuttavia le ragioni del proprio culto, invece la maggior parte del nostro popolo compie dei riti e non conosce il motivo per cui li compie. Ma ho parlato altrove, soprattutto nella polemica contro i manichei, sull'argomento del culto giudaico, cioè sulla ragione e sul limite con cui è stato istituito dall'autorità divina e per cui a tempo opportuno dalla medesima autorità è stato loro sottratto dal popolo di Dio, al quale è stato rivelato il mistero della vita eterna. Comunque anche in questa opera se ne dovrà parlare a suo luogo.