Filone di Alessandria, Legatio ad Gaium 154-158

     
 

Toà d m¾ ta‹j ØperÒgkoij tima‹j deqÁnai kaˆ fushqÁna… pote p…stij ™nargest£th tÕ mhdšpote qeÕn ˜autÕn ™qelÁsai proseipe‹n, ¢ll¦ k¨n e„ lšgoi tij duscera…nein, kaˆ tÕ toÝj 'Iouda…ouj ¢podšcesqai, oÞj ¢kribîj Édei p£nta ¢fosioumšnouj t¦ toiaàta.

Pîj oân ¢pedšceto t¾n pšran toà Tibšrewj potamoà meg£lhn tÁj `Rèmhj ¢potom»n, ¿n oÙk ºgnÒei katecomšnhn kaˆ o„koumšnhn prÕj 'Iouda…wn; `Rwma‹oi d Ãsan oƒ ple…ouj ¢peleuqerwqšntej: a„cm£lwtoi g¦r ¢cqšntej e„j 'Ital…an ØpÕ tîn kthsamšnwn ºleuqerèqhsan, oÙdn tîn patr…wn paracar£xai biasqšntej.

'Hp…stato oân kaˆ proseuc¦j oecontaj kaˆ suniÒntaj e„j aÙt£j, kaˆ m£lista ta‹j ƒera‹j ˜bdÒmaij, Óte dhmos…v t¾n p£trion paideÚontai filosof…an. 'Hp…stato kaˆ cr»mata sun£gontaj ¢pÕ tîn ¢parcîn ƒer¦ kaˆ pšmpontaj e„j `IerosÒluma di¦ tîn t¦j qus…aj ¢naxÒntwn.

'All' Ómwj oÜte ™xókise tÁj `Rèmhj ™ke…nouj oÜte t¾n `Rwmak¾n aÙtîn ¢fe…leto polite…an, Óti kaˆ tÁj 'Iouda.kÁj ™frÒntizon, oÜte ™newtšrisen e„j t¦j proseuc¦j oÜte ™kèluse sun£gesqai prÕj t¦j tîn nÒmwn Øfhg»seij oÜte ºnantièqh to‹j ¢parcomšnoij, ¢ll' oÛtwj æs…wto perˆ t¦ ¹mštera, éste mÒnon oÙ pano…kioj ¢naqhm£twn polutele…aij tÕ ƒerÕn ¹mîn ™kÒsmhse, prost£xaj kaˆ diaiwn…ouj ¢n£gesqai qus…aj ™ntelece‹j ÐlokaÚtouj kaq' ˜k£sthn ¹mšran ™k tîn „d…wn prosÒdwn ¢parc¾n tù Øy…stJ qeù, a‰ kaˆ mšcri nàn ™piteloàntai kaˆ e„j ¤pan ™pitelesq»sontai, m»numa trÒpwn Ôntwj aÙtokratorikîn.

 

 

 

   

Ma che [Augusto] non si sia mai reso superbo né esaltato per gli onori smisurati, se ne ha una prova molto chiara nel fatto non volle mai farsi chiamare dio e che, al contrario, quando qualcuno lo diceva, non era contento; e anche nel fatto che si mostrava favorevole agli ebrei, dei quali conosceva bene la loro repulsione nei confronti di espressioni di questo genere.

In che modo dunque si è mostrato favorevole? Non ignorava che il vasto quartiere di Roma, al di là del Tevere, fosse occupato e abitato dagli ebrei. La maggior parte erano liberti romani. Condotti in Italia come prigionieri di guerra; erano stati poi affrancati dai loro padroni, senza essere stati costretti a cambiare alcuna delle loro tradizioni.

Di conseguenza, sapeva bene che essi avevano delle sinagoghe e che vi si riunivano, in particolare nel santissimo settimo giorno, dove ricevevano in comune l’insegnamento della loro «filosofia» tradizionale. Sapeva anche che essi riunivano dei fondi sacri, quelli delle primizie, e che li inviavano a Gerusalemme tramite dei delegati incaricati di farvi salire i loro sacrifici.

E tuttavia non ha espulso queste persone da Roma, non li ha privati dei loro diritti di cittadinanza romana, per il fatto che conservavano la fierezza della loro qualità di ebrei, non ha introdotto innovazioni nelle loro sinagoghe, non ha impedito loro di riunirsi per le istruzioni sulle loro leggi, non si è opposto alla raccolta delle primizie,  ma si è mostrato così scrupoloso nel rispetto delle nostre istituzioni che quasi tutta la sua famiglia ha arricchito il nostro santuario di ex-voto e ha creato una fondazione per l’offerta degli olocausti quotidiani, come primizie al Dio Altissimo, sacrifici che si compiono ancora oggi e che saranno sempre compiuti; questi sono i tratti che rivelano delle qualità veramente imperiali.