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Iliade

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RIASSUNTO

 

Libro primo 

Crise, sacerdote d’Apollo, va da Agamennone con un ricco riscatto per farsi ridare indietro la figlia Criseide, che il potente re acheo teneva con sé come sua concubina; ma l'Atride, indignato dalla sfrontatezza di quel vecchio, lo tratta male e ingiuriandolo rifiuta la sua offerta, ordinandogli poi di allontanarsi e di non farsi vedere mai più presso il suo campo e le sue navi. Il sacerdote adirato, scongiura allora Apollo di dare una lezione a tutti gli Achei, per punirli del grave affronto che si è visto costretto a subire per l'arroganza di Agamennone. Il dio l'ode e, infuriatosi per il maltrattamento di un suo sacerdote, discende in fretta dall'Olimpo e comincia a colpire gli uomini presso le navi achee con l'infallibile mira del suo arco d'argento e dei suoi dardi avvelenati, gettando una nera pestilenza su tutto l'accampamento dei Danai. Al decimo giorno dell'ecatombe Achille indice un'assemblea di tutti gli Achei per discutere dell'emergenza, e interpella Calcante, un vate, di dirgli perché Apollo si è tanto adirato con gli Achei. L'indovino spiega allora che il motivo è stato il maltrattamento del sacerdote di Apollo Crise da parte di Agamennone: questi se la prende con Calcante, accusandolo di dargli sempre e solo vaticini funesti riguardo le sue imprese, ma Achille interviene e dopo un breve scambio di parole tra i due nasce subito un attrito e comincia un vero e proprio litigio. Alla fine, dopo molti insulti e ingiuriose parole, l'Atride acconsente per logica a lasciar andare Criseide, ma per non restare senza una donna come dono decide di prendere quella del Pelide, Briseide. Achille se ne duole e irato nell’animo sfodera la sua daga e fa per lanciarla contro Agamennone, ma Atena, inviata da Era, che ha a cuore tutti e due gli eroi, lo afferra per i capelli appena in tempo e lo fa ragionare, dicendogli che un giorno molto vicino per fare ammenda a quella grave offesa gli avrebbero offerto doni tre volte superiori al maltolto. Achille, seppur a malincuore, obbedisce e, rinfoderata la spada, offende pesantemente Agamennone, annunciando inoltre che finché non gli avesse riparato quel torto, lui non avrebbe combattuto più al suo fianco, e che allora si sarebbe presto pentito, quando Ettore avrebbe fatto strage di Achei e lui sarebbe stato costretto ad assistervi, debole e impotente, lacerato nel cuore dal dolore. Dopo di che la seduta è sciolta e Agamennone dà ordine che Odisseo riporti Criseide dal padre, mentre ordina a due dei suoi araldi di andare a prendere Briseide nella tenda del Pelide e di portarla nella sua. I due, seppur a malincuore, compiono l’operazione, e Achille, vedendo che la sua donna viene condotta via a forza, scoppia a piangere e invoca la madre Teti, che accorre dalle profondità degli abissi dove dimora per consolare il figlio, che le fa un breve sunto della vicenda e le chiede di andare da Zeus perché gli venga reso l’onore dovuto. La madre si duole delle pene del figlio e gli promette che quando gli dei torneranno all’Olimpo da presso gli Etiopi, verso l’Oceano, dove erano andati per pranzo, lei andrà direttamente da Zeus e lo pregherà di esaudire la sua preghiera. Intanto parte la spedizione di Odisseo presso Crise, per riportargli la figlia; dopo molti sacrifici per deliziare e placare il dio Apollo, banchetteranno fino a sera con le carni dei sacrifici, e Crise, rasserenato nell’animo dal ritorno della figlia, pregherà il dio di cessare la sua strage sui Danai. Nel frattempo, dopo dodici giorni, gli dei sono finalmente tornati all’Olimpo e Teti, memore della promessa fatta al figlio, sale su fino al signore dei numi e dei mortali e, cingendogli le ginocchia, lo prega di dare vittoria ai Troiani fino a quando gli Achei non avessero fatto ammenda al torto subito da suo figlio e non gli avessero reso il giusto onore. Il dio della folgore, seppur a malincuore, acconsente, ma sua moglie, Era, che ha cara la sorte degli Achei, ha visto tutto e chiede irata al marito quali piani abbia mai ordito con Teti alle sue spalle. Il dio tuttavia la mette a tacere con brusche parole e il banchetto pare prender e una piega infelice, ma interviene Efesto che con le sue parole rasserena gli animi inquieti di tutti, specie della madre Era, facendo così tornare il banchetto gioioso e i numi immortali festeggeranno fino a sera, per poi tornare ognuno alla sua casa.

 

Libro secondo 

Zeus invia il Sogno ingannatore ad Agamennone. Nelle sembianze di Nestore fa credere al re che il giorno fatale di Troia sia arrivato. Al risveglio Agamennone convoca i comandanti achei e li istruisce sul suo piano. Vuol far credere all’esercito di voler tornare in patria: i soldati però accettano la proposta e si apprestano a lasciare la costa quando Ulisse, ispirato da Atena, li convince a rinnovare la battaglia contro Troia. Segue il cosiddetto Catalogo delle navi, cioè l’elenco di tutti i contingenti achei giunti a Troia.

 

Libro terzo 

Durante uno scontro tra Troiani e Achei, Menelao intravede Paride nella mischia e lo insegue per fronteggiarsi con lui, ma il giovane se ne accorge e atterrito fugge via. Ettore tuttavia lo vede e lo rimprovera con dure parole: Paride prendendo coscienza della sua viltà propone di porvi rimedio con un duello in cui lui e Menelao si sarebbero sfidati per il possesso di Elena e delle sue ricchezze, e da cui sarebbe dipeso l’esito della guerra. Ettore ne è entusiasta e, dopo aver preso accordi con gli Achei e dopo aver fatto molti sacrifici, i due contendenti si ritrovano a duellare: sembra quasi che sia Menelao ad avere la meglio, ma proprio quando stava per uccidere il suo avversario, dall’Olimpo discende Afrodite che salva Paride nascondendolo in un’improvvisa nebbia e portandolo in salvo a Troia, dove riceverà anche il biasimo di Elena. Nel frattempo Menelao è furente, ma si arrabbia invano: alla fin fine Agamennone lo proclama vincitore del duello e afferma gran voce che la guerra deve finire.

 

Libro quarto - La Battaglia 

Gli dei sono radunati attorno a Zeus che vorrebbe salvare Troia, ma Era si oppone e vuole che i Troiani rompano i patti: Zeus allora invia Atena tra i Troiani; ella invita Pandaro a scagliare una freccia contro Menelao. La freccia ferisce l'Atride e la battaglia per questo si rianima.

 

Libro quinto - Diomede figlio di Tideo 

Pandaro ferisce Diomede con una freccia, ma questi, aiutato da Atena, riesce a uccidere il troiano; sta per uccidere anche Enea quando interviene Afrodite che salva il figlio e viene a sua volta ferita da Diomede. Intanto i Troiani, guidati da Ares, stanno avendo la meglio. Diomede, sempre con l’aiuto di Atena, si scontra con Ares e lo ferisce.

 

Libro sesto - Ettore e Andromaca

Le sorti della battaglia volgono a favore dei Greci, pertanto l’indovino Eleno consiglia ad Ettore di tornare in città per invitare la madre Ecuba e le matrone ad offrire i loro pepli ad Atena. Intanto si scontrano in battaglia Glauco e Diomede, ma venuti a conoscenza delle rispettive stirpi, si risparmiano a causa dell’amicizia tra i nonni. Ettore, dopo aver portato a termine la sua missione, va a trovare Paride, con la moglie Elena; poi si reca a salutare la moglie Andromaca che gli consiglia di lasciar perdere la battaglia e di non far diventare lei vedova e suo figlio orfano.

 

Libro settimo 

Per volere di Apollo e di Atena, Ettore sfida a duello uno degli Achei. Raccoglie la sfida Menelao, ma Agamennone lo trattiene perché soccomberebbe contro Ettore. Tra i volontari la viene estratto il nome di Aiace Telamonio: lo scontro si protrae senza vincitori fino al calare delle tenebre, quando viene sospeso. Paride offre di terminare la guerra cedendo tesori ai Greci, ma senza restituire Elena. Gli Achei rifiutano, ma acconsentono a una tregua per recuperare i cadaveri. Durante il giorno di tregua i Greci costruiscono un muro a difesa delle navi con tale abilità da far invidia agli dei.

 

Libro ottavo 

Zeus vieta agli altri dei di intervenire nella battaglia ed accorda il proprio favore ai Troiani. Ettore fa strage di Greci e sta per avventarsi su Nestore in difficoltà, ma in difesa di quest’ultimo interviene Diomede: egli vorrebbe sfidare Ettore, ma un fulmine scagliato da Zeus lo fa desistere. I Troiani costringono i Greci a ripararsi all’interno delle mura costruite a difesa delle navi. Era ed Atena intervengono ad aiutare gli Achei, ma Zeus, accortosene, invia Iride a fermarle. Cala la notte e i Teucri si accampano davanti alle mura greche.

Nel campo acheo i capi si riuniscono e Agamennone propone il ritorno in patria, ma Diomede si oppone con fermezza. Quindi Agamennone compie un ultimo tentativo di convincere Achille a combattere ed invia un gruppo di delegati, tra i quali Ulisse e Fenice, vecchio tutore di Achille. L’ambasceria viene accolta dal Pelide nella sua tenda, ma l’offerta di Agamennone viene sdegnosamente rifiutata e, anzi, Achille aggiunge che il giorno dopo farà ritorno a Ftia.

 

Libro nono 

I Troiani sono speranzosi ed i Greci angosciati, dunque Agamennone dice di voler ritornare in patria, poiché secondo lui quest’assedio è un’impresa vana. Diomede si oppone, invece Nestore dice di richiamare Achille. Tutti sono d’accordo con la proposta di Nestore, compreso Agamennone che decide di restituire Briseide con altri doni in aggiunta. Vengono mandati Odisseo, Aiace e Fenice. Nessuno convince Achille, ma Diomede al campo dice che domani si combatterà anche senza Achille.

 

Libro decimo 

Agamennone non riesce a prendere sonno pensando alla sorte del suo esercito: convoca dunque i capi greci e, su consiglio di Nestore, invia Diomede a spiare il campo nemico. Diomede sceglie Ulisse come compagno nell’impresa. Intanto nel campo troiano Dolone si offre di compiere la stessa sortita: avviatosi dunque verso le navi greche viene sopraffatto dai due nemici che lo interrogano sulla sua missione: egli, per aver salva la vita, tradisce i compagni, ma Diomede lo uccide per punirlo. I due greci, grazie alle informazioni ottenute, fanno strage tra i Traci e riescono a fuggire illesi.

 

Libro undicesimo 

La battaglia è incerta; Agamennone si batte furioso, ma viene ferito da una freccia. Ettore allora incita i suoi a combattere, viene affrontato da Diomede che riesce solo a stordirlo e viene a sua volta ferito da Paride. Poco dopo la stessa sorte capita anche ad Ulisse e Zeus infonde il terrore di Ettore nell’animo di Aiace che indietreggia. Intanto Nestore conduce Macaone ferito alla sua tenda e Achille, desideroso di notizie, manda Patroclo alla tenda di Nestore. Quest’ultimo descrive il disastro dei Greci e invita Patroclo, se proprio Achille non vuol combattere, a scendere lui stesso in battaglia con le armi di Achille.

 

Libro dodicesimo 

La battaglia si è spinta sotto il muro acheo. I Greci, in particolare i due Aiaci, resistono come possono e respingono più volte gli attacchi di Sarpedonte. Intanto Zeus manda un segno di dubbia interpretazione: un'aquila vola con un serpente tra gli artigli, ma questo le si ritorce contro e la morde: Polidamante lo interpreta come presagio funesto, ma Ettore decide di continuare l’assedio e, preso un macigno, lo scaglia contro la porta del muro greco e la abbatte. I Troiani entrano nel campo avverso.

 

Libro tredicesimo 

Approfittando di un attimo di distrazione di Zeus, Poseidone scende ad aiutare i Greci: infonde nuova forza ad Aiace e incoraggia Idomeneo. Quest'ultimo, insieme a Merione, assale l’ala destra troiana e miete molte vittime. Ettore, avvisato di ciò da Polidamante, si distacca dal centro della schiera, dove stava fronteggiando gli Aiaci, e soccorre l’esercito in difficoltà. Quindi torna nuovamente al centro per un corpo a corpo con Aiace Telamonio.

 

Libro quattordicesimo 

Nestore, vedendo l'esercito acheo in grave difficoltà, si reca da Agamennone e trova i maggiori tra i capi feriti e indecisi sul da farsi: Agamennone propone nuovamente la fuga, ma Ulisse si ribella. Decidono perciò, impossibilitati a scendere in battaglia, di incoraggiare i compagni con la voce. Intanto Era architetta un inganno contro Zeus: convince il Sonno a calare sul dio, in modo che Poseidone abbia campo libero nell’aiutare i Greci. Ciò avviene ed Aiace Telamonio riesce a colpire Ettore con un macigno, facendolo cadere a terra privo di sensi. I compagni lo traggono fuori dal combattimento, salvandolo dalla furia degli Achei.

 

Libro quindicesimo 

Al risveglio, Zeus si accorge dell’inganno in cui è caduto e minaccia una punizione terribile ad Era la quale, terrorizzata, risale all’Olimpo. Zeus intanto manda Iride ad intimare a Poseidone di abbandonare la battaglia se non vuole scontrarsi col più potente fratello: Poseidone a malincuore è costretto a ritirarsi. Apollo, incaricato da Zeus di rianimare i Troiani, dà nuovo vigore ad Ettore. Sotto la sua spinta i Troiani travolgono i Greci ed arrivano fino alla nave di Protesilao, decisi ad incendiarla: l'ultima difesa è fornita da Aiace Telamonio che, armato di una trave, tenta di respingere i nemici.

 

Libro sedicesimo 

Achille accoglie l’idea di Patroclo di fargli vestire le sue armi per guidare i Mirmidoni contro i Troiani, insieme a tutti gli altri Achei, ma gli dice di non sbilanciarsi troppo e di limitarsi a incutere timore nel nemico, facendo finta di essere Achille. Il piano funziona fino a che Patroclo non è slealmente colpito da Apollo che lo stordisce e lascia che siano prima Euforbo con un colpo non mortale, e poi Ettore col colpo di grazia, a finirlo. Prima di morire, Patroclo dice che anche Ettore, dopo poco, sarebbe morto per mano di Achille tornato a combattere.

 

Libro diciassettesimo 

Si accende la contesa per impadronirsi del corpo di Patroclo: Menelao si pone subito a difesa delle spoglie del compagno e uccide Euforbo, ma è costretto ad invocare aiuto quando vede Ettore che gli si fa contro. Accorrono gli Aiaci, Merione e Idomeneo. Nel tumulto che segue, Ettore tenta anche, senza successo, di impossessarsi di Balio e Xanto, i divini cavalli di Achille. Menelao si reca da Antiloco, lo informa della morte di Patroclo e lo manda ad avvisare Achille; poi torna nel cuore del combattimento: insieme a Merione e difeso dagli Aiaci, che sostengono i continui assalti troiani, riesce a trasportare il corpo di Patroclo all’interno del campo acheo.

 

Libro diciottesimo 

Achille, ignorando la sorte di Patroclo, si aggira inquieto davanti alla tenda quando giunge Antiloco e lo informa sui fatti: Patroclo giace e si combatte per il suo cadavere. La disperazione di Achille giunge alle orecchie di Teti che corre a rincuorare il figlio: vedendo che egli è irremovibile nel suo intento di vendetta, a costo di pagarlo con la morte, annunciata dalla profezia, si reca da Efesto per farsi forgiare armi divine. Iride esorta Achille a farsi vedere sulle mura greche per spaventare i Troiani e agevolare il trasporto della salma di Patroclo da parte dei compagni. Teti è frattanto giunta alla dimora di Efesto: il dio si mette subito al lavoro e forgia armi bellissime, tra le quali uno scudo d’oro intarsiato con figure rappresentanti le varie attività umane.

 

Libro diciannovesimo 

Il desiderio di vendetta di Achille è più forte della sua ira, per cui mette da parte il suo orgoglio e si riconcilia con Agamennone. I Greci si preparano alla battaglia e riacquistano le forze con un banchetto, ma Achille non riesce a mangiare e rimane a piangere sulla salma dell’amico. Atena, impietosita, stilla nel suo cuore nettare e ambrosia per dargli forza. Ormai la battaglia è prossima: Achille, terribile nelle sue nuove armi, sprona i cavalli Balio e Xanto: quest’ultimo, ispirato da Era, gli rammenta il fato che sta per compiersi. Achille sgrida il cavallo: egli è cosciente del suo destino, ma ciò non lo distoglierà da vendicarsi su Ettore.

 

Libro ventesimo

I troiani e gli achei si preparano alla battaglia decisiva, mentre Zeus acconsente che gli dei prendano parte alla guerra: così Apollo, Artemide, Xanto, Afrodite, Ares e Leto scendono dall’Olimpo per schierarsi al lato di Troia, mentre Hermes, Atena, Poseidone, Era ed Efesto si schierano al fianco degli Achei. Achille si batte con Enea, ma nessuno dei due morirà, perché da Enea è destinata a venire la stirpe di Dardano, che un giorno assumerà il controllo dei Troiani scampati al massacro di Troia. Nel momento in cui Enea sta per essere ucciso da Achille, interverrà Poseidone a salvarlo. Dopo di che Achille ucciderà Polidoro, fratello di Ettore, che accecato dall’ira scaglia la sua lancia contro il Pelide, che viene però deviata da Atena. Achille passa al contrattacco, ma Apollo avvolge Ettore in una fitta nebbia, sottraendolo alle ire del tremendo eroe acheo, che rabbiosamente comincia a far strage degli altri Troiani intorno a lui.

 

Libro ventunesimo - ventiduesimo 

Achille fa una grande strage di Troiani nel fiume Scamandro, che indignato per tanta impudenza lo prega di continuare la sua strage da un'altra parte, ma il Pelide non l'ascolta e continua il massacro. Allora il dio del fiume, adirato, gli scaglia contro la vorticosa potenza delle sue acque e Achille, atterrito, fugge via, temendo di morire di una morte vergognosa. Fortunatamente interviene Efesto che col fuoco placa l'impeto delle acque, salvando l'eroe acheo. Intanto sull'Olimpo, dopo una breve scaramuccia familiare alquanto poco eroica, gli dei smettono di lottare, dato che loro vivono in un'altra dimensione, immortale e giocosa. Intanto Achille, ingannato da Apollo che ha preso le sembianze di Agenore, un giovinetto che poco prima l'aveva affrontato, si fa inseguire lontano dalle porte Scee, mentre tutti i fuggitivi troiani riescono a rientrare dentro Troia.

Achille ritorna sotto le mura di Troia e si trova di fronte  Ettore che, nonostante le suppliche di Priamo e di Ecuba, si è deciso ad affrontarlo. Preso dal timore, Ettore fugge. Mentre i due guerrieri fanno tre volte il giro della città, Zeus pesa il loro destino ed Ettore è condannato. Mascherata Atena gli consiglia di combattere: Achille lo uccide e trascina il suo cadavere fino  alle navi, nonostante i pianti delle troiane.

 

Libro ventitreesimo 

Si tengono i solenni funerali di Patroclo: il rogo arde per tutta la notte: al mattino Achille indice i giochi funebri. Si tiene per prima la gara dei carri: Eumelo è in testa, ma Atena fracassa il suo giogo. Vince così Diomede, secondo arriva Antiloco che precede Menelao grazie ad una manovra scorretta: al traguardo però i due si riappacificano. Nella gara di lotta si affrontano Ulisse, con la sua astuzia, e Aiace, con la sua forza, e si ha un pareggio. La corsa è vinta da Ulisse che precede Aiace d’Oileo. Achille invita due guerrieri a combattere per vincere l’armatura di Sarpedonte: ed è Diomede che se ne appropria, sconfiggendo Aiace Telamonio. Seguono la gara di tiro con l’arco, vinta da Merione su Teucro, e quella di tiro della lancia, assegnata ad Agamennone senza bisogno di disputare la prova.

 

Libro ventiquattresimo 

Gli dei, raccolti in un'assemblea, alla fine deliberano che Achille restituisca il corpo di Ettore ai familiari: Teti riferisce l'ordine al figlio, che non può rifiutarsi di compiere il volere degli dei. Iride intanto avverte Priamo di andare a riprendere il corpo del figlio, il quale si mette subito in viaggio verso la tenda del Pelide, guidato e protetto dal dio Hermes. Non appena il re incontra Achille, si inginocchia e lo prega di rendergli le spoglie del figlio: Achille impietosito acconsente e nottetempo Priamo tornerà a Troia, dove farà poi bruciare il corpo del figlio per rendergli le giuste onoranze funebri.