Crise,
sacerdote d’Apollo, va da Agamennone con un ricco riscatto per farsi ridare
indietro la figlia Criseide, che il potente re acheo teneva con sé come sua
concubina; ma l'Atride, indignato dalla sfrontatezza di quel vecchio, lo tratta
male e ingiuriandolo rifiuta la sua offerta, ordinandogli poi di allontanarsi e
di non farsi vedere mai più presso il suo campo e le sue navi. Il sacerdote
adirato, scongiura allora Apollo di dare una lezione a tutti gli Achei, per
punirli del grave affronto che si è visto costretto a subire per l'arroganza di
Agamennone. Il dio l'ode e, infuriatosi per il maltrattamento di un suo
sacerdote, discende in fretta dall'Olimpo e comincia a colpire gli uomini presso
le navi achee con l'infallibile mira del suo arco d'argento e dei suoi dardi
avvelenati, gettando una nera pestilenza su tutto l'accampamento dei Danai. Al
decimo giorno dell'ecatombe Achille indice un'assemblea di tutti gli Achei per
discutere dell'emergenza, e interpella Calcante, un vate, di dirgli perché
Apollo si è tanto adirato con gli Achei. L'indovino spiega allora che il motivo
è stato il maltrattamento del sacerdote di Apollo Crise da parte di Agamennone:
questi se la prende con Calcante, accusandolo di dargli sempre e solo vaticini
funesti riguardo le sue imprese, ma Achille interviene e dopo un breve scambio
di parole tra i due nasce subito un attrito e comincia un vero e proprio
litigio. Alla fine, dopo molti insulti e ingiuriose parole, l'Atride acconsente
per logica a lasciar andare Criseide, ma per non restare senza una donna come
dono decide di prendere quella del Pelide, Briseide. Achille se ne duole e irato
nell’animo sfodera la sua daga e fa per lanciarla contro Agamennone, ma Atena,
inviata da Era, che ha a cuore tutti e due gli eroi, lo afferra per i capelli
appena in tempo e lo fa ragionare, dicendogli che un giorno molto vicino per
fare ammenda a quella grave offesa gli avrebbero offerto doni tre volte
superiori al maltolto. Achille, seppur a malincuore, obbedisce e, rinfoderata la
spada, offende pesantemente Agamennone, annunciando inoltre che finché non gli
avesse riparato quel torto, lui non avrebbe combattuto più al suo fianco, e che
allora si sarebbe presto pentito, quando Ettore avrebbe fatto strage di Achei e
lui sarebbe stato costretto ad assistervi, debole e impotente, lacerato nel
cuore dal dolore. Dopo di che la seduta è sciolta e Agamennone dà ordine che
Odisseo riporti Criseide dal padre, mentre ordina a due dei suoi araldi di
andare a prendere Briseide nella tenda del Pelide e di portarla nella sua. I
due, seppur a malincuore, compiono l’operazione, e Achille, vedendo che la sua
donna viene condotta via a forza, scoppia a piangere e invoca la madre Teti, che
accorre dalle profondità degli abissi dove dimora per consolare il figlio, che
le fa un breve sunto della vicenda e le chiede di andare da Zeus perché gli
venga reso l’onore dovuto. La madre si duole delle pene del figlio e gli
promette che quando gli dei torneranno all’Olimpo da presso gli Etiopi, verso
l’Oceano, dove erano andati per pranzo, lei andrà direttamente da Zeus e lo
pregherà di esaudire la sua preghiera. Intanto parte la spedizione di Odisseo
presso Crise, per riportargli la figlia; dopo molti sacrifici per deliziare e
placare il dio Apollo, banchetteranno fino a sera con le carni dei sacrifici, e
Crise, rasserenato nell’animo dal ritorno della figlia, pregherà il dio di
cessare la sua strage sui Danai. Nel frattempo, dopo dodici giorni, gli dei sono
finalmente tornati all’Olimpo e Teti, memore della promessa fatta al figlio,
sale su fino al signore dei numi e dei mortali e, cingendogli le ginocchia, lo
prega di dare vittoria ai Troiani fino a quando gli Achei non avessero fatto
ammenda al torto subito da suo figlio e non gli avessero reso il giusto onore.
Il dio della folgore, seppur a malincuore, acconsente, ma sua moglie, Era, che
ha cara la sorte degli Achei, ha visto tutto e chiede irata al marito quali
piani abbia mai ordito con Teti alle sue spalle. Il dio tuttavia la mette a
tacere con brusche parole e il banchetto pare prender e una piega infelice, ma
interviene Efesto che con le sue parole rasserena gli animi inquieti di tutti,
specie della madre Era, facendo così tornare il banchetto gioioso e i numi
immortali festeggeranno fino a sera, per poi tornare ognuno alla sua casa.
Libro secondo
Zeus
invia il Sogno ingannatore ad Agamennone. Nelle sembianze di Nestore fa credere
al re che il giorno fatale di Troia sia arrivato. Al risveglio Agamennone
convoca i comandanti achei e li istruisce sul suo piano. Vuol far credere
all’esercito di voler tornare in patria: i soldati però accettano la proposta e
si apprestano a lasciare la costa quando Ulisse, ispirato da Atena, li convince
a rinnovare la battaglia contro Troia. Segue il cosiddetto Catalogo delle navi,
cioè l’elenco di tutti i contingenti achei giunti a Troia.
Libro terzo
Durante
uno scontro tra Troiani e Achei, Menelao intravede Paride nella mischia e lo
insegue per fronteggiarsi con lui, ma il giovane se ne accorge e atterrito fugge
via. Ettore tuttavia lo vede e lo rimprovera con dure parole: Paride prendendo
coscienza della sua viltà propone di porvi rimedio con un duello in cui lui e
Menelao si sarebbero sfidati per il possesso di Elena e delle sue ricchezze, e
da cui sarebbe dipeso l’esito della guerra. Ettore ne è entusiasta e, dopo aver
preso accordi con gli Achei e dopo aver fatto molti sacrifici, i due contendenti
si ritrovano a duellare: sembra quasi che sia Menelao ad avere la meglio, ma
proprio quando stava per uccidere il suo avversario, dall’Olimpo discende
Afrodite che salva Paride nascondendolo in un’improvvisa nebbia e portandolo in
salvo a Troia, dove riceverà anche il biasimo di Elena. Nel frattempo Menelao è
furente, ma si arrabbia invano: alla fin fine Agamennone lo proclama vincitore
del duello e afferma gran voce che la guerra deve finire.
Libro quarto - La
Battaglia
Gli dei
sono radunati attorno a Zeus che vorrebbe salvare Troia, ma Era si oppone e
vuole che i Troiani rompano i patti: Zeus allora invia Atena tra i Troiani; ella
invita Pandaro a scagliare una freccia contro Menelao. La freccia ferisce l'Atride
e la battaglia per questo si rianima.
Libro quinto - Diomede
figlio di Tideo
Pandaro
ferisce Diomede con una freccia, ma questi, aiutato da Atena, riesce a uccidere
il troiano; sta per uccidere anche Enea quando interviene Afrodite che salva il
figlio e viene a sua volta ferita da Diomede. Intanto i Troiani, guidati da
Ares, stanno avendo la meglio. Diomede, sempre con l’aiuto di Atena, si scontra
con Ares e lo ferisce.
Libro sesto - Ettore e
Andromaca
Le sorti
della battaglia volgono a favore dei Greci, pertanto l’indovino Eleno consiglia
ad Ettore di tornare in città per invitare la madre Ecuba e le matrone ad
offrire i loro pepli ad Atena. Intanto si scontrano in battaglia Glauco e
Diomede, ma venuti a conoscenza delle rispettive stirpi, si risparmiano a causa
dell’amicizia tra i nonni. Ettore, dopo aver portato a termine la sua missione,
va a trovare Paride, con la moglie Elena; poi si reca a salutare la moglie
Andromaca che gli consiglia di lasciar perdere la battaglia e di non far
diventare lei vedova e suo figlio orfano.
Libro settimo
Per
volere di Apollo e di Atena, Ettore sfida a duello uno degli Achei. Raccoglie la
sfida Menelao, ma Agamennone lo trattiene perché soccomberebbe contro Ettore.
Tra i volontari la viene estratto il nome di Aiace Telamonio: lo scontro si
protrae senza vincitori fino al calare delle tenebre, quando viene sospeso.
Paride offre di terminare la guerra cedendo tesori ai Greci, ma senza restituire
Elena. Gli Achei rifiutano, ma acconsentono a una tregua per recuperare i
cadaveri. Durante il giorno di tregua i Greci costruiscono un muro a difesa
delle navi con tale abilità da far invidia agli dei.
Libro ottavo
Zeus
vieta agli altri dei di intervenire nella battaglia ed accorda il proprio favore
ai Troiani. Ettore fa strage di Greci e sta per avventarsi su Nestore in
difficoltà, ma in difesa di quest’ultimo interviene Diomede: egli vorrebbe
sfidare Ettore, ma un fulmine scagliato da Zeus lo fa desistere. I Troiani
costringono i Greci a ripararsi all’interno delle mura costruite a difesa delle
navi. Era ed Atena intervengono ad aiutare gli Achei, ma Zeus, accortosene,
invia Iride a fermarle. Cala la notte e i Teucri si accampano davanti alle mura
greche.
Nel campo
acheo i capi si riuniscono e Agamennone propone il ritorno in patria, ma Diomede
si oppone con fermezza. Quindi Agamennone compie un ultimo tentativo di
convincere Achille a combattere ed invia un gruppo di delegati, tra i quali
Ulisse e Fenice, vecchio tutore di Achille. L’ambasceria viene accolta dal
Pelide nella sua tenda, ma l’offerta di Agamennone viene sdegnosamente rifiutata
e, anzi, Achille aggiunge che il giorno dopo farà ritorno a Ftia.
Libro nono
I Troiani
sono speranzosi ed i Greci angosciati, dunque Agamennone dice di voler ritornare
in patria, poiché secondo lui quest’assedio è un’impresa vana. Diomede si
oppone, invece Nestore dice di richiamare Achille. Tutti sono d’accordo con la
proposta di Nestore, compreso Agamennone che decide di restituire Briseide con
altri doni in aggiunta. Vengono mandati Odisseo, Aiace e Fenice. Nessuno
convince Achille, ma Diomede al campo dice che domani si combatterà anche senza
Achille.
Libro decimo
Agamennone non riesce a prendere sonno pensando alla sorte del suo esercito:
convoca dunque i capi greci e, su consiglio di Nestore, invia Diomede a spiare
il campo nemico. Diomede sceglie Ulisse come compagno nell’impresa. Intanto nel
campo troiano Dolone si offre di compiere la stessa sortita: avviatosi dunque
verso le navi greche viene sopraffatto dai due nemici che lo interrogano sulla
sua missione: egli, per aver salva la vita, tradisce i compagni, ma Diomede lo
uccide per punirlo. I due greci, grazie alle informazioni ottenute, fanno strage
tra i Traci e riescono a fuggire illesi.
Libro undicesimo
La
battaglia è incerta; Agamennone si batte furioso, ma viene ferito da una
freccia. Ettore allora incita i suoi a combattere, viene affrontato da Diomede
che riesce solo a stordirlo e viene a sua volta ferito da Paride. Poco dopo la
stessa sorte capita anche ad Ulisse e Zeus infonde il terrore di Ettore
nell’animo di Aiace che indietreggia. Intanto Nestore conduce Macaone ferito
alla sua tenda e Achille, desideroso di notizie, manda Patroclo alla tenda di
Nestore. Quest’ultimo descrive il disastro dei Greci e invita Patroclo, se
proprio Achille non vuol combattere, a scendere lui stesso in battaglia con le
armi di Achille.
Libro dodicesimo
La
battaglia si è spinta sotto il muro acheo. I Greci, in particolare i due Aiaci,
resistono come possono e respingono più volte gli attacchi di Sarpedonte.
Intanto Zeus manda un segno di dubbia interpretazione: un'aquila vola con un
serpente tra gli artigli, ma questo le si ritorce contro e la morde: Polidamante
lo interpreta come presagio funesto, ma Ettore decide di continuare l’assedio e,
preso un macigno, lo scaglia contro la porta del muro greco e la abbatte. I
Troiani entrano nel campo avverso.
Libro tredicesimo
Approfittando di un attimo di distrazione di Zeus, Poseidone scende ad aiutare i
Greci: infonde nuova forza ad Aiace e incoraggia Idomeneo. Quest'ultimo, insieme
a Merione, assale l’ala destra troiana e miete molte vittime. Ettore, avvisato
di ciò da Polidamante, si distacca dal centro della schiera, dove stava
fronteggiando gli Aiaci, e soccorre l’esercito in difficoltà. Quindi torna
nuovamente al centro per un corpo a corpo con Aiace Telamonio.
Libro quattordicesimo
Nestore,
vedendo l'esercito acheo in grave difficoltà, si reca da Agamennone e trova i
maggiori tra i capi feriti e indecisi sul da farsi: Agamennone propone
nuovamente la fuga, ma Ulisse si ribella. Decidono perciò, impossibilitati a
scendere in battaglia, di incoraggiare i compagni con la voce. Intanto Era
architetta un inganno contro Zeus: convince il Sonno a calare sul dio, in modo
che Poseidone abbia campo libero nell’aiutare i Greci. Ciò avviene ed Aiace
Telamonio riesce a colpire Ettore con un macigno, facendolo cadere a terra privo
di sensi. I compagni lo traggono fuori dal combattimento, salvandolo dalla furia
degli Achei.
Libro quindicesimo
Al
risveglio, Zeus si accorge dell’inganno in cui è caduto e minaccia una punizione
terribile ad Era la quale, terrorizzata, risale all’Olimpo. Zeus intanto manda
Iride ad intimare a Poseidone di abbandonare la battaglia se non vuole
scontrarsi col più potente fratello: Poseidone a malincuore è costretto a
ritirarsi. Apollo, incaricato da Zeus di rianimare i Troiani, dà nuovo vigore ad
Ettore. Sotto la sua spinta i Troiani travolgono i Greci ed arrivano fino alla
nave di Protesilao, decisi ad incendiarla: l'ultima difesa è fornita da Aiace
Telamonio che, armato di una trave, tenta di respingere i nemici.
Libro sedicesimo
Achille
accoglie l’idea di Patroclo di fargli vestire le sue armi per guidare i
Mirmidoni contro i Troiani, insieme a tutti gli altri Achei, ma gli dice di non
sbilanciarsi troppo e di limitarsi a incutere timore nel nemico, facendo finta
di essere Achille. Il piano funziona fino a che Patroclo non è slealmente
colpito da Apollo che lo stordisce e lascia che siano prima Euforbo con un colpo
non mortale, e poi Ettore col colpo di grazia, a finirlo. Prima di morire,
Patroclo dice che anche Ettore, dopo poco, sarebbe morto per mano di Achille
tornato a combattere.
Libro diciassettesimo
Si
accende la contesa per impadronirsi del corpo di Patroclo: Menelao si pone
subito a difesa delle spoglie del compagno e uccide Euforbo, ma è costretto ad
invocare aiuto quando vede Ettore che gli si fa contro. Accorrono gli Aiaci,
Merione e Idomeneo. Nel tumulto che segue, Ettore tenta anche, senza successo,
di impossessarsi di Balio e Xanto, i divini cavalli di Achille. Menelao si reca
da Antiloco, lo informa della morte di Patroclo e lo manda ad avvisare Achille;
poi torna nel cuore del combattimento: insieme a Merione e difeso dagli Aiaci,
che sostengono i continui assalti troiani, riesce a trasportare il corpo di
Patroclo all’interno del campo acheo.
Libro diciottesimo
Achille,
ignorando la sorte di Patroclo, si aggira inquieto davanti alla tenda quando
giunge Antiloco e lo informa sui fatti: Patroclo giace e si combatte per il suo
cadavere. La disperazione di Achille giunge alle orecchie di Teti che corre a
rincuorare il figlio: vedendo che egli è irremovibile nel suo intento di
vendetta, a costo di pagarlo con la morte, annunciata dalla profezia, si reca da
Efesto per farsi forgiare armi divine. Iride esorta Achille a farsi vedere sulle
mura greche per spaventare i Troiani e agevolare il trasporto della salma di
Patroclo da parte dei compagni. Teti è frattanto giunta alla dimora di Efesto:
il dio si mette subito al lavoro e forgia armi bellissime, tra le quali uno
scudo d’oro intarsiato con figure rappresentanti le varie attività umane.
Libro diciannovesimo
Il
desiderio di vendetta di Achille è più forte della sua ira, per cui mette da
parte il suo orgoglio e si riconcilia con Agamennone. I Greci si preparano alla
battaglia e riacquistano le forze con un banchetto, ma Achille non riesce a
mangiare e rimane a piangere sulla salma dell’amico. Atena, impietosita, stilla
nel suo cuore nettare e ambrosia per dargli forza. Ormai la battaglia è
prossima: Achille, terribile nelle sue nuove armi, sprona i cavalli Balio e
Xanto: quest’ultimo, ispirato da Era, gli rammenta il fato che sta per
compiersi. Achille sgrida il cavallo: egli è cosciente del suo destino, ma ciò
non lo distoglierà da vendicarsi su Ettore.
Libro ventesimo
I troiani
e gli achei si preparano alla battaglia decisiva, mentre Zeus acconsente che gli
dei prendano parte alla guerra: così Apollo, Artemide, Xanto, Afrodite, Ares e
Leto scendono dall’Olimpo per schierarsi al lato di Troia, mentre Hermes, Atena,
Poseidone, Era ed Efesto si schierano al fianco degli Achei. Achille si batte
con Enea, ma nessuno dei due morirà, perché da Enea è destinata a venire la
stirpe di Dardano, che un giorno assumerà il controllo dei Troiani scampati al
massacro di Troia. Nel momento in cui Enea sta per essere ucciso da Achille,
interverrà Poseidone a salvarlo. Dopo di che Achille ucciderà Polidoro, fratello
di Ettore, che accecato dall’ira scaglia la sua lancia contro il Pelide, che
viene però deviata da Atena. Achille passa al contrattacco, ma Apollo avvolge
Ettore in una fitta nebbia, sottraendolo alle ire del tremendo eroe acheo, che
rabbiosamente comincia a far strage degli altri Troiani intorno a lui.
Libro ventunesimo -
ventiduesimo
Achille
fa una grande strage di Troiani nel fiume Scamandro, che indignato per tanta
impudenza lo prega di continuare la sua strage da un'altra parte, ma il Pelide
non l'ascolta e continua il massacro. Allora il dio del fiume, adirato, gli
scaglia contro la vorticosa potenza delle sue acque e Achille, atterrito, fugge
via, temendo di morire di una morte vergognosa. Fortunatamente interviene Efesto
che col fuoco placa l'impeto delle acque, salvando l'eroe acheo. Intanto
sull'Olimpo, dopo una breve scaramuccia familiare alquanto poco eroica, gli dei
smettono di lottare, dato che loro vivono in un'altra dimensione, immortale e
giocosa. Intanto Achille, ingannato da Apollo che ha preso le sembianze di
Agenore, un giovinetto che poco prima l'aveva affrontato, si fa inseguire
lontano dalle porte Scee, mentre tutti i fuggitivi troiani riescono a rientrare
dentro Troia.
Achille
ritorna sotto le mura di Troia e si trova di fronte Ettore che, nonostante le
suppliche di Priamo e di Ecuba, si è deciso ad affrontarlo. Preso dal timore,
Ettore fugge. Mentre i due guerrieri fanno tre volte il giro della città, Zeus
pesa il loro destino ed Ettore è condannato. Mascherata Atena gli consiglia di
combattere: Achille lo uccide e trascina il suo cadavere fino alle navi,
nonostante i pianti delle troiane.
Libro ventitreesimo
Si
tengono i solenni funerali di Patroclo: il rogo arde per tutta la notte: al
mattino Achille indice i giochi funebri. Si tiene per prima la gara dei carri:
Eumelo è in testa, ma Atena fracassa il suo giogo. Vince così Diomede, secondo
arriva Antiloco che precede Menelao grazie ad una manovra scorretta: al
traguardo però i due si riappacificano. Nella gara di lotta si affrontano
Ulisse, con la sua astuzia, e Aiace, con la sua forza, e si ha un pareggio. La
corsa è vinta da Ulisse che precede Aiace d’Oileo. Achille invita due guerrieri
a combattere per vincere l’armatura di Sarpedonte: ed è Diomede che se ne
appropria, sconfiggendo Aiace Telamonio. Seguono la gara di tiro con l’arco,
vinta da Merione su Teucro, e quella di tiro della lancia, assegnata ad
Agamennone senza bisogno di disputare la prova.
Libro ventiquattresimo
Gli dei,
raccolti in un'assemblea, alla fine deliberano che Achille restituisca il corpo
di Ettore ai familiari: Teti riferisce l'ordine al figlio, che non può
rifiutarsi di compiere il volere degli dei. Iride intanto avverte Priamo di
andare a riprendere il corpo del figlio, il quale si mette subito in viaggio
verso la tenda del Pelide, guidato e protetto dal dio Hermes. Non appena il re
incontra Achille, si inginocchia e lo prega di rendergli le spoglie del figlio:
Achille impietosito acconsente e nottetempo Priamo tornerà a Troia, dove farà
poi bruciare il corpo del figlio per rendergli le giuste onoranze funebri.