«La coscienza di Zeno»: la novità di un romanzo

 

1. Il titolo

Si tratta di un titolo ironico che presenta un problema. Il termine coscienza non indica qualcosa di positivo, ma una differenza, nel senso che coscienza si contrappone ad inconscio. Anche gli altri titoli di Svevo (Una vita, Senilità) non identificano qualcosa o qualcuno (come, per esempio, I promessi sposi o Madame Bovary o I Malavoglia), ma un problema che l’ironia denuncia, per cui una vita corrisponde ad una morte e senilità corrisponde a giovanilità. Ne consegue che la coscienza di Zeno corrisponde a l’insconscio di Zeno. Già il titolo quindi è un segnale.

 

2. La forma

Il momento proemiale è raddoppiato. Nella Prefazione (I) il narratore è il dottor S («Io sono il dottore di cui si in questa novella si parla...»).; contiene istruzioni per la lettura, cioè prendere le distanze da ciò che si legge, tanto che il lettore reale si sente quasi un intruso. Nel Preambolo (II) il narratore è Zeno («Vedere la mia infanzia?...»): il suo presente è remoto rispetto al tempo della Prefazione: si tratta di una vicenda narrata en arrière; il suo destinatario è diverso da quello della Prefazione. Più che un paziente, è un visionario («Vedo, intravvedo delle immagini bizzarre...»). Nel Preambolo ci sono:

  • emittente interno: Zeno

  • destinatario interno: dottor S.

  • referente: le difficoltà della scrittura

  • tempo: anteriore alla Prefazione

  • registro: emotivo

Dalla Prefazione il lettore esperto riconosce subito la particolarità della Coscienza: un romanzo psicanalitico eterodosso in cui manca il transfert e anzi il paziente diffida del medico, sabotando la cura; in cui il dottore si serve della della confessione scritta contrariamente ai canoni (la scrittura è sempre il luogo della menzogna e della reticenza).

Il breve Preambolo dà la parola al protagonista-narratore, fornendone la prima autorappresentazione mentre si accinge a regredire col pensiero nel passato verso l’infanzia. Ma questa infanzia è già osservata “filosoficamente” dal vecchio Zeno come una specie di incunabolo della malattia mortale che è la vita. Schematizzando:

 

Il libro è composto di cinque episodi: «il fumo» (III); «la morte di mio padre» (IV); «la storia del mio matrimonio» (V); «la moglie e l’amante» (VI); «storia di un’associazione commerciale» (VII). Il cap. VIII (4 pagine di diario) rinvia alla struttura del Preambolo e rappresenta un secondo manoscritto fittizio che Zeno consegna al dottor S. per scopi non più terapeutici.

1. Fumatore accanito accetta di entrare in una casa di cura per disintossicarsi, ma poi riesce ad evadere e riprende a fumare. Il vizio del fumo, spia della sua inettitudine a prendere decisioni utili, diviene in realtà occasione per sanzionare una caratteristica non negativa del suo carattere, capace di convivere con le sue debolezze ed insicurezze ed a concedersi un'illimitata libertà d'azione senza troppi sensi di colpa.

 

2. La morte del padre in circostanze difficili per Zeno ( uno schiaffo sanzionerà l'addio dal figlio ) rischia di compromettere il suo equilibrio psichico. Infatti la figura del padre era sempre stata ingombrante per Zeno, figura forte e poco protettiva era sempre stato una sorta di antagonista, capace di far risaltare ancor più l'irresolutezza del protagonista. Invece alla fine egli si ritrova più forte e sicuro di sè, ormai  liberato dall'ingerenza della figura paterna.


3a. Ricco e quasi disoccupato decide di sposarsi. Frequenta la famiglia Malfenti dove sono disponibili tre ragazze da marito. È respinto dalla più giovane (Alberta), ferma il suo interesse sulla più bella, Ada, e durante una seduta spiritica serale, mentre tutti sono intenti a far ballare un tavolino, si decide a fare la sua avance ad Ada sfiorandole il piede: ma il buio lo inganna e il piede toccato è quello della strabica Augusta. E così in breve tempo si trova fidanzato con quell’Augusta che poi si rivelerà moglie impareggiabile. Ada si sposerà invece con un attraente violinista, certo Guido Speier, per il quale Zeno nutre la più spiccata antipatia. Il personaggio apparentemente sicuro di sé e uomo di successo, in realtà porterà la ditta commerciale (che guiderà con Zeno) al fallimento. Solo la saggezza di Zeno riuscirà a salvarla dal dissesto.


3b. Una successiva sezione è dedicata alla relazione extraconiugale di Zeno. Complice un amico, malato anche lui, ma un po’ meno immaginario, tale Copler, Zeno si fa protettore e consigliere di Carla, una ragazza povera che studia canto e ha bisogno di un disinteressato mecenate. Questa deliziosa Carla, perfetta fusione di equivocità e di candore, diventa presto la sua amante clandestina, senza che in lui venga meno l’amore per la moglie, ormai necessario complemento della sua vita. Carla è un’Angiolina più scaltra, recita meglio la parte dell’innocenza. Impossibile pensare a un matrimonio, Zeno è il più onesto dei mariti; e nemmeno Carla chiede tanto. La relazione si prolunga tra alti e bassi angosciosi perché il sedotto Zeno dubita di essere un seduttore; finché Carla avendo estorto molto denaro al suo protettore, è in grado di licenziare lui e il maestro di canto e di fidanzarsi con un uomo in grado di sposarla. Zeno torna così con uno sospiro di sollievo alla sua pace coniugale, senza che Augusta abbia mai sospettato nulla.


4. Gli affari attendono ora Zeno; ha accettato di far parte di una società commerciale fondata dal cognato Speier, senza tuttavia impegnarvi il proprio patrimonio, sempre amministrato dal sagace Olivi. Ma presto gli affari dalla ditta commerciale Speier e socio volgeranno al peggio. Non solo di mese in mese aumenteranno le spese e diminuiranno gli utili, ma lo Speier si darà a rischiose operazioni di borsa che lo ridurranno al lastrico. Onesto e pietoso, Zeno decide di alienare parte del suo avere per soccorrere il cognato e spera di poter indurre la cognata Ada, più ricca del marito, a fare altrettanto. Ma Ada sembra resistere. Per convincerla Speier finge il suicidio inghiottendo una dose mortale di sonnifero. Egli ha disposto le cose in modo che un intervento medico sia pronto e sicuro. Disgraziatamente, per una serie di disguidi, favoriti dal maltempo, il medico giunge troppo tardi e trova Speier morto. E cade qui il famoso lapsus di Zeno Cosini: il quale, credendo di seguire il funerale di Speier, segue invece il feretro di un altro defunto. È questo lapsus che svela il segreto rancore di Zeno per il cognato, per l’imbecille e discutibile personaggio che anni prima Ada Malfenti gli ha preferito come sposo.

 

5. Sempre fortunato nelle sue disavventure Zeno eredita una passività da colmare perché nel frattempo la borsa si mette al rialzo e il suicidio di Speier si mostra come l’ultimo gesto inutile di un fallito, non nel gioco di borsa ma nella vita. Ma qui la narrazione si interrompe perché Zeno ha deciso di abbandonare la cura del medico. E d’altra parte siamo giunti alla guerra e al dopoguerra, Zeno Cosini è diventato e sta diventando Italo Svevo e la memoria non può soccorrere più.

 

 

3. Le istituzioni narrative

Narratore interno. La figura dell’editore ha poco rilievo. Gli eventi sono narrati senza un ordine cronologico, ma secondo un procedimento psicanalitico basato sulle libere associazioni: all’io narrato si contrappone l’io narrante (è la stessa contrapposizione che c’è tra un’autobiofrafia e un libro memorie). Oltre a ciò, lo Zeno narratore subisce un’evoluzione: sono frequenti le riflessioni non solo sul passato, ma anche sul presente e sul futuro: ciò deriva dal fatto che lo scrivere è un atto terapeutico.

Tempo dell’avventura

(io-narrato)

procede per blocchi tematici, non in modo lineare (Zeno e il fumo; Zeno e il padre; Zeno e l’amante; ecc.)

Tempo della scrittura

(io-narrante)

   Zeno vecchio acquisisce la consapevolezza di non aver più bisogno di proseguire la    cura.

  

Ciò è tipico della disintegrazione del personaggio unitario, caratteristica della nuova narrativa: la dissociazione narrativa corrisponde alla dissociazione psichica.

 

4. Tempo

Il tempo della scrittura ha un peso notevole. Cfr. il Preambolo: al passato che deve essere ricordato e quindi scritto si contrappone il presente della scrittura. In opere di questo tipo (con narratore interno) il tempo della scrittura e quello dell’avventura sono riferiti alla medesima persona: il tempo dell’avventura riferito all’io-narrato tende a congiungersi con il tempo della scrittura riferito all’io narrante.

All’interno di questa interferenza tra tempo della storia e tempo dell'avventura, è possibile individuare due punti di narrazione: il primo nel 1913 quando Zeno scrive i capp. II-VII, il secondo nel 1915-16 (cap. VIII). Il motivo per cui Zeno scrive nel 1913 la prima parte contenente le sue memorie è per compiacere il medico; quando riprende a scrivere dopo un anno e mezzo mostra di non avere più fiducia nella psicanalisi: sappiamo così che la scrittura ha una durata ben precisa e che in quel lasso di tempo Zeno è cambiato.

tempo della scrittura: 1913-1916

tempo dell’avventura: 1857 (nascita di Zeno)-1916.

Nel romanzo novecentesco c’è rottura tra fabula e intreccio, tanto che si arriva ai limiti dell’acronia; non si tratta solo di un dato tecnico, ma anche ideologico: il tempo non è più soltanto un tema, ma il soggetto stesso del romanzo. C’è insomma un processo di interiorizzazione del tempo: dal tempo oggettivo si passa al tempo soggettivo; da un lato viene proposta una percezione soggettiva della durata, mentre dall’altro c’è la dissoluzione dell’ordine lineare degli avvenimenti. Questo è il segno del prevalere della memoria inconscia.