La lirica moderna

i numeri tra parentesi indicano le pag. del libro di testo: G. Barberi Squarotti Anselmi et alii, Letteratura. Dal decandetismo al Novecento, voll. 4-5-6, A-B, ATLAS, Bergamo 2006

 

Il percorso si propone di passare in rassegna alcune fondamentali linee di sviluppo della lirica nove­centesca, coprendo un arco cronologico che parte dalle matrici simboliste del secondo Ottocento per giungere alla fine del Novecento. Nell'ambito dell’ “aria di famiglia” che caratterizza la maggior parte della poesia dell'ultimo secolo (forte impegno teorico dei poeti, oscurità e separatez­za del linguaggio, lontananza dall'esperienza quotidiana) si individuano tre tendenze fondamentali: la "lirica pura", lo "sregolamento dei sensi", la "poetica degli oggetti"; ad esse viene contrapposta una linea antilirica, narrativa, volutamente "inattuale", rappresentata da poeti isolati.


1. Baudelaire

La prima fase del percorso è dedicata a Baudelaire (5B,368ss.), l'indiscusso iniziatore della lirica moderna. Una scelta di testi po­trà sottolineare:

  • il tema del conflitto tra poeta e società: L'albatro (5B,380); Perdita d'aureola;

  • l'elaborazione di una poetica dell'evocazione e del simbo­lo: Corrispondenze (5B,382);

  • la presenza, nella sua poesia, di elementi crudamente "realistici" e di emozioni forti: Spleen (5B,384).

Le due fasi successive si propongono di documentare due sviluppi delle premesse poste da Baudelaire: da un lato l'e­voluzione verso un'idea spersonalizzata, disincarnata, ten­denzialmente autosufficiente della poesia (poesia pura); dall'altro una ten­denza all'espressione violenta di sensazioni soggettive ed emozioni estreme (lo sregolamento dei sensi).

Le novità tematiche e stilistiche del simbolismo francese non esercitano un'influenza diffusa sulla poesia italiana del secondo Ottocento. Si possono trovare però, accanto a vere e proprie imitazioni e riprese, esempi di consonanza psicologica e di affinità formale. Prenderemo in considerazione: G. Carducci, Alla stazione in una mattina di autunno (4B,397), assai vicina al tema dello spleen di Baudelaire. Anche se il tema simbolico non è esplicitamente affrontato nel Fanciullino, è fuor di dubbio che G. Pascoli presenti forme, situazioni e linguaggi che lo avvicinano al simbolismo europeo. Una rapida rassegna di testi sarà sufficiente a mostrarlo: Arano (5/333); Lavandare (5B,58); la triade Temporale, Lampo, Tuono (5B,63-64); L'assiuolo (5B,60); Nebbia (5B,71); La mia sera (5B,78).


2. La "lirica pura"

La prima di queste "linee" della lirica moderna ha il suo ini­ziatore in Stéphane Mallarmé (5A,35-36). I testi che proponiamo consentono di mettere in evidenza:

  • il conflitto tra desiderio e realtà, la dimensione dell'ignoto, la noia: Brezza marina (5B,397);

  • la rarefatta perfezione formale della produzione poetica: Tutta l'anima riassunta;

Nella lirica del primo Novecento (vedi qui una sintesi) In Italia il massimo esponente di questa linea di ricerca è Ungaretti, che raggiunge il culmine della rarefazione es­pressiva.

Stretto tra estetismo d’annunziano, rinuncia crepuscolare, esagerazioni futuriste, Ungaretti vuole riportare la parola poetica alla sua essenza: cfr.  6A,40-44; 6B,36-41. Per la poetica di Ungaretti, vedi qui.

L'esperienza della Grande Guerra, cui Ungaretti partecipò come volontario, oltre a segnare la sua esistenza, offre al poeta la possibilità di confrontarsi con un dolore cosmico che diventa cifra esistenziale e stilistica. Il paesaggio brullo e spoglio del Carso è il terreno da cui spunta una poesia essenziale in cui il non-detto conta più del detto. Vedi qui per i testi (formato word).


3. Lo "sregolamento dei sensi"

Se Mallarmé riprende gli aspetti più rarefatti dell'opera baudelairiana, Rimbaud ne porta all'estremo le componenti più visionarie e trasgressive. Attraverso la lettura di alcuni testi si potranno evidenziare:

  • la poetica dello "sregolamento dei sensi" e della veggenza: Vocali (5B,389);

  • la vena allucinata e visionaria: Il battello ebbro.


4. La poetica degli oggetti

Un terzo filone della lirica moderna condivide con i prece­denti l'oscurità dei significati e la separatezza del linguag­gio, ma, anziché affidarsi alla magia della parola o all'espan­sione della soggettività dell'artista, si basa sull'evocazíone di oggetti materiali nitidamente definiti che fungono da "cor­relativo oggettivo" di concetti, sentimenti, stati d'animo. Proponiamo un passo di Eliot che introduce il concetto di "correlativo oggettivo".

“L’argomento della mia poesia (e credo di ogni possibile poesia) è la condizione umana in sé considerata; non questo o quell’avvenimento storico. Non sono stato indifferente a quanto è accaduto negli ultimi trent’anni, ma non posso dire che se i fatti fossero stati diversi anche la mia poesia avrebbe avuto un volto totalmente diverso (…). Avendo sentito fin dalla nascita una totale disarmonia con la realtà che mi circondava, la materia della mia ispirazione non poteva essere che quella disarmonia”. In queste parole del 1951, c’è tutto Montale: lontano sia dalle avanguardie sia dall’ungarettismo, il poeta denuncia l’illusorietà del reale e (come Kafka, Svevo, Eliot e Pirandello) fa della condizione umana in sé considerata il centro conoscitivo della sua lirica (6B,66-81).

Fin dall’esordio, Montale precisa la propria poetica in testi come I limoni (6B,82) e Non chiederci la parola (6B,85): il poeta non vuole cambiare il mondo, ma registrare il male cosmico che lo penetra.

La guerra sembra recare una tragica e definitiva conferma al pessimismo montaliano nei confronti della storia. Ma il poeta non isola e nemmeno privilegia questo avvenimento, per ricavarne una lezione o per modificare la sua concezione della poesia. Montale sosterrà che la guerra ha costituito un'esperienza tragica e terribile, ma è stata pur sempre un avvenimento, fra i tanti che segnano comunque il doloroso destino dell'uomo, sul piano storico e metafisico. Privo di ogni fiducia nella storia, il poeta non crede che essa possa recare speranze di salvezza. In questa direzione vanno testi come La bufera (6B,90)La primavera hitleriana (6B,93), Piccolo testamento, Nuove stanze e La storia (6B,103).


5. La provincia ermetica

Aderendo all’Ermetismo (6B,122-125) negli anni Trenta, Quasimodo conferisce alla sua poesia un valore autonomo, teso alla ricerca della parola pura e astorica, quasi metafisica, sulla scia di un Ungaretti e di un Montale, ma senza raggiungere i loro risultati. Sarà l’esperienza della guerra a fargli cambiare direzione e prospettiva: il passaggio è dalle “parole” alle “cose”, cioè dal registro realistico-ermetico a quello realistico-drammatico. Le raccolte posteriori al 1945 segnano il passaggio ad un contenuto civile, umanitario e sociale, e a un linguaggio asciutto ed essenziale, legato alla realtà.