Studia humanitatis

Leonardo Bruni, Epistulae

Il termine "Umanesimo" deriva dal latino studia humanitatis, con cui nel Quattrocento si indicavano gli studi letterari e disinteressati, volti a formare la persona. Per gli umanisti formazione letteraria e formazione spirituale coincidono, e la scelta di restaurare nelle loro opere il latino classico, liberandolo dalle scorie "barbare" del latino medievale è una scelta di civiltà, come mostra ancora Bruni tracciando un profilo della perfezione, decadenza e rinascita della lingua, in cui Petrarca segna il punto della ripresa. Se il latino rappresenta l'adesione a un mondo di cultura e di valori, è naturale che l'imitazione sia il principale canone stilistico di questi letterati: imitazione letterale e pedissequa per alcuni, ma per altri piuttosto imitazione spirituale, che conduca alla conquista della propria personalità attraverso l'immedesimazione nella cultura antica. Ma già alcuni decenni prima Leon Battista Albertí aveva denunciato il carattere elitario di queste scelte, rivendicando l'uso del volgare in nome della funzione sociale della scrittura. Questa pagina di una lettera di Leonardo Bruni mostra quale valore spirituale attribuissero gli umanisti agli studi letterari.

 
 

Duplice sia il tuo studio: volto, in primo luogo, a conseguire nelle lettere, non codesta conoscenza comune e volgare, ma un sapere diligente ed intimo, nel quale voglio che tu eccella; in secondo luogo, ad ottenere la scienza di quelle cose che riguardano la vita e i costumi; studi, questi, che si chiamano di umanità, perché perfezionano ed adornano l'uomo. In essi il tuo sapere sia vario e molteplice e tratto da ogni parte, sì che nulla tu tralasci che sembri contribuire alla formazione, alla dignità, alla lode della vita. Credo che ti convenga leggere quegli autori, come Cicerone e simili, che ti possano giovare, non solo per dottrina, ma anche per il nitore del discorso e l'abilità letteraria. Se vorrai darmi ascolto, da Aristotele apprenderai i fondamenti di queste discipline, ma cercherai in Cicerone l'eleganza e l'abbondanza del dire e le ricchezze tutte dei vocaboli e, per così dire, la destrezza nel discorrere di quegli argomenti.

Vorrei infatti che un uomo egregio avesse ricca la conoscenza e sapesse anche illustrare ed abbellire nel discorso le cose che sa. Ma questo non sarà capace di fare chi non abbia letto molto, molto imparato, molto tratto da ogni parte. Quindi non dovrai venire addottrinato solamente dai filosofi, pur fondamento di questi studi, ma anche formato dai poeti, dagli oratori, dagli storici, in modo che il tuo discorso sia vario, ricco e per nulla rozzo. [...]

Se, come spero, raggiungerai tale eccellenza, quali ricchezze si potrebbero paragonare ai risultati di questi studi? Per quanto, infatti, lo studio del diritto civile sia più commerciabile, esso è, per dignità e proficuità, superato dalle lettere. Esse infatti tendono a formare l'uomo buono, del quale niente può pensarsi di più utile; il diritto civile, invece, in nulla contribuisce a rendere buono l'uomo.  

 

 

 

L’educazione letteraria è concepita dagli umanisti come educazione integralmente umana; l'eleganza stilistica, la parola ornata appresa dallo studio amoroso dei classici, è per loro segno di maturità spirituale. Questo ideale culturale comporta la svalutazione dei due pilastri dell'università medievale: da un lato la filosofia aristotelica (che è accettata solo se si riveste dell'eleganza stilistica ciceroniana), dall'altro gli studi volti a conseguire una professione remunerativa, che erano tradizionalmente il diritto e la medicina.

L'ideale educativo umanistico ha costituito la base dell'organizzazione degli studi nell'Europa moderna, influenzando fino ad oggi la distinzione e la gerarchia tra i diversi indirizzi.