1.
L'Europa romantica. Le idee e le arti (21-46)
Per
un primo quadro, vedi qui sotto (note tratte da: Angelo Marchese, Storia
intertestuale della letteratura italiana, D’Anna, Firenze 1990
)
2.
Il romanticismo tedesco (71-89)
3.
Il romanticismo inglese (93-109)
4.
Il romanticismo francese (111-124)
5.
Il romanticismo italiano (140-164)
Che cos'è il
romanticismo?
Il
romanticismo, secondo una consueta definizione, è un movimento
culturale e artistico sviluppatosi in Europa fra la fine del secolo
XVIII e la metà del XIX. La parola deriva dall'inglese romantic che,
in pieno Seicento, indicava il carattere avventuroso e fantastico dei
racconti di moda cavallereschi o pastorali, e anche la stranezza e la
bizzarria di una certa natura selvaggia. Rousseau riprende il termine
nel significato di «pittoresco» e di «malinconico», per designare un
sentimento e uno stato d'animo vago, indefinito, spesso nostalgico che
sorge da un'accorata contemplazione del paesaggio. Ma solo in Germania Romantik
ha un valore del tutto positivo, prima come sinonimo di «gotico»
o di «medievale» in genere, poi con i fratelli Schlegel come emblema
del nuovo gusto, della concezione moderna della letteratura in antitesi
a quella classica e illuminista. Spetta infine a Madame de Staèl, con De l’Allemagne, (1813), e al Sismondi, con De la littérature du midi de l’Europe (1813), il merito di aver
diffuso in Europa i concetti essenziali del romanticismo tedesco.
Come
vedremo, è pressoché impossibile ricondurre all'univocità di una
definizione i disparati e spesso contrastanti aspetti del
romanticismo: l'idolatria dell'individuo e la sua subordinazione al
sociale o al trascendente, la fantasia e il realismo, la modernità e
l'evasione nel passato, la contemplazione e l'attivismo, l'entusiasmo
titanico e la depressione malinconica, l'ottimismo e il pessimismo, e
via dicendo. Né è corretto considerare il romanticismo tedesco come
paradigma di quella complessa e variegata temperie spirituale che,
nelle diverse nazioni europee (e di riflesso in America), costituisce
il fenomeno romantico. Il quale trascende l'ambito strettamente
letterario per abbracciare l'arte e la cultura del primo Ottocento, la
visione della vita e la filosofia, la musica, il costume stesso. D'altra
parte, sarebbe assurdo pretendere di conoscere il romanticismo italiano
senza avere una prospettiva europea di tale movimento, evitando di
rapportare la letteratura ai codici culturali che l'attraversano,
isolandola (in quanto nazionale) dal sistema generale e dalle sue norme
peculiari, o infine ignorando i nessi fra l'arte verbale e le altre
forme dell'esperienza estetica.
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Lo
stato d’animo romantico
Il
grande tema della letteratura romantica è: lo scacco e la morte
dell’eroe incapace di adattarsi ad un ordine di cui gli sfugge il
significato e che, in ogni modo, richiederebbe la rinuncia ai principi
più sacri della coscienza. L'infelicità dell'uomo romantico deriva
sempre da una disarmonia e da una sproporzione fra l'ideale e il reale,
fra l'assoluto e il contingente: l’io rifiuta, nella sua tensione
all'ideale e all'assoluto, di essere ridotto entro la mediocre prigione
della realtà.
L'inadeguatezza
dell'uomo verso il mondo
Hegel
ha osservato che il carattere tipico dello «spirito romantico» è l’«inadeguatezza
radicale dell'uomo verso il mondo». La coscienza romantica si avverte
infelice nel momento in cui l’inesauribile trascendenza dell’io
verifica dolorosamente, spesso tragicamente i limiti del reale. Nello
scontro fra una realtà meschina - incarnata in uno spazio e in un tempo
gretti, senza slanci - e un empito sentimentale tumultuoso, lo scacco
del personaggio romantico è anche la crudele esperienza della
irrealizzabilità di quegli stessi ideali che pur costituiscono l'ultima
fede, una volta cadute la vecchie credenze positive del cristianesimo.
Lo
stato d'animo romantico ha origine, dunque, da una complessa crisi di
certezze: prima fra tutte, l'orgogliosa pretesa illuministica di poter
risolvere ogni problema con la ragione, dopo aver demolito in terra e in
cielo dogmi, pregiudizi, superstizioni del passato antico e recente. Il
fallimento degli ideali di libertà, eguaglianza e fraternità nel
mare di sangue della Rivoluzione francese aveva accresciuto negli
spiriti più sensibili un sentimento di stanchezza e di delusione per
altro largamente diffuso, dopo tante guerre, anche nelle masse. Fra i
molti, De Musset ha colto con chiarezza l'origine metafisica
dell'anelito romantico: «Un'immensa speranza ha attraversato la
terra: nostro malgrado verso i cieli dobbiamo alzare gli occhi!»; «mio
malgrado l'infinito mi tormenta».
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La spiritualità romantica
Il
sentimento e la natura
L'insoddisfazione
nei confronti della mentalità illuministica caratterizza il
romanticismo come Weltanschauung
incentrata sul fondamentale valore del sentimento. Il
sentimento, tuttavia, specie nei romantici tedeschi, non è visto come
alternativa alla ragione, ma a quella facoltà astratta che è
l'intelletto, capace solo di organizzare in modo superficiale
l'esperienza secondo i dettami del meccanicismo newtoniano, del
materialismo o del sensismo. In particolare, la natura è sentita dai
filosofi tedeschi non piú come un insieme astratto di leggi meccaniche
(secondo la ben nota immagine dell'«orologio»), bensí come una
realtà viva, animata, dinamica: un organismo che - dice Schelling - si
crea in uno sviluppo infinito, come totalità di Io e di non-Io. Qualche
interprete ha colto proprio in questa concezione del cosmo (come
meccanismo statico nel pensiero illuminista e come organismo vivente,
dinamico e creativo per i romantici) il discrimine fondamentale fra i
due secoli. Fondamentale è il rapporto fra l’io-e la natura,
caratterizzato da due
atteggiamenti essenziali: se la natura è considerata come una
metafora dello spirito o di Dio stesso, realtà vivente protettiva o
consolatrice alla stregua di una madre amorosa, approdo pacificante o
estatico di una tensione religiosa dell'individuo alla vita
dell'universo, prevarrà un sentimento euforico e ottimistico; se invece
natura è sentita come una forza indifferente o addirittura avversa,
matrigna, ne deriverà un'attitudine pessimistica, sino ai limiti del Weltschmerz, il dolore cosmico di un Leopardi o di
un Vigny.
Lo
scrittore romantico privilegia spesso un aspetto della natura in
rapporto alla sua personale psicologia o al suo stato d'animo
contingente: l'autunno, ad esempio, può connotare un sentimento acuto
di malinconia e di solitudine; immagini di morte e di desolazione sono
generalmente inserite su uno sfondo di paesaggio invernale; viceversa,
la primavera e l'estate sottolineano l'euforia dell'amore e della
vita: il significato profondo della natura è spesso simbolico, al di là
delle note realistiche della descrizione. In altri termini, la natura,
nella poesia romantica, è sempre associata a una complessa situazione
sentimentale e psicologica, spesso tormentata e drammatica.
L’inadeguatezza
dello spirito romantico al mondo, la tensione mai risolta
all’infinito, l’insofferenza dei limiti del presente sono alla
radice di quel particolare sentimento che è la Sehnsucht,
il desiderio struggente, nostalgico, angoscioso, proprio di un io diviso
il quale tende perennemente ad evadere verso qualcosa d'altro (alterità,
altrove o alibi, spesso in un intreccio inestricabile). La fuga nel
tempo e nello spazio è l’espressione più caratteristica della
Sehnsucht, in
quanto ritorno al passato intriso di nostalgia, memoria della
fanciullezza o della giovinezza illusa (si ricordi il Leopardi),
rimpianto per ciò che è stato e non è piú (il Medioevo di Novalis).
Cosí pure i paesi lontani, le isole belle, l'Oriente e la Grecia sono
attraenti proprio perché utopici, luoghi del sogno. Fascino, dunque,
dell'irrevocabile, come il mito classico-edenico di Foscolo, Hölderlin
e Keats, che colora di nostalgia la propensione dell'animo verso un
mondo di bellezza vivo solo nel ricordo, tragicamente inattuale. «Tutto
in lontananza diventa poesia - dice Novalis -: monti lontani, uomini
lontani, eventi lontani, tutto diventa romantico». Pensieri affini
esprime il Leopardi:
Un
oggetto qualunque, per esempio un luogo, un sito, una campagna, per
bella che sia, se non desta alcuna rimembranza, non è poetica punto a
vederla [...]. La rimembranza è essenziale e principale nel sentimento
poetico, non per altro, se non perché il presente, quel ch'egli sia,
non può esser poetico;
e il poetico, in uno o in altro modo, si trova sempre consistere nel
lontano, nell'indefinito, nel vago (Zib.
4420).
All'uomo
sensibile e immaginoso, che viva, come io son vissuto gran tempo, sentendo
di continuo ed immaginando, il mondo e gli oggetti sono come doppi. Egli
vedrà cogli occhi una torre, una campagna; udrà cogli orecchi un suono
d'una campana; e nello stesso tempo coll'immaginazione vedrà un'altra
torre, un'altra campagna, un altro suono. In questo secondo genere di
obbietti sta tutto il bello e il piacevole delle cose (Zib.
4418).
L'indefinito,
la rimembranza, la stessa singolare teoria della «doppia vista» non
sono che particolari espressioni dello stato d'animo romantico che
avverte l'insufficienza del presente e tende ad evadere in un'altra
realtà, memoriale, fantastica, onirica o metafisica. L'evasione nello
spazio può talora non bastare allo spirito romantico, che tenderà
allora a evadere dallo spazio nell'interiorità della coscienza,
nell'infinito o nell'assoluto («Noi cerchiamo dappertutto l'assoluto,
l'incondizionato e troviamo sempre e soltanto cose»: Novalis). Qui la
Sehnsucht rivela tutta la sua profondità sconvolgente in quanto
irrequietezza spirituale, struggimento senza oggetto, e quindi male
del desiderio. Questa ricerca del desiderio senza fine che caratterizza
la psicologia del romantico (soprattutto tedesco) non può che approdare
a un'ipersensibilità dolorosa e lacerata, a una tensione conflittuale,
a un dissidio intimo spesso figurato nel personaggio di Amleto. La fuga
dal reale che la ragione non sa controllare esaspera l'impulso
introspettivo («Il sentiero segreto guida verso l'interno. Dentro di
noi, o in nessun altro luogo, stanno i regni dell'eternità, il passato
e il futuro»: Novalis); l'esplorazione dell'«altro» sprofonda
nell'inconscio, in qualcosa che è al di là della ragione.
Il
mal du siècle è come una
specie di malattia spirituale sottile, angosciosa, indistinta, che
spinge alla solitudine, al senso dell'inutilità e del vuoto («Le vide
m'environne tous les jours...», Sénancour): condizione interiore non
confortata dalla natura, che anzi alimenta illusioni ancor piú
dolorose. «Tutta la malattia del nostro secolo ha origine da due cause:
il popolo che è passato attraverso il 1793 e il 1814 ha ricevuto due
ferite al cuore: tutto ciò che era stato non è piú; tutto ciò che
sarà non è ancora. Non cercate altrove il senso dei nostri mali». Cosí
Alfred de Musset tenta di storicizzare, ne Les
confessions d'un enfant du siècle (1836), fra Terrore e caduta di
Napoleone, l'inquietudine di una generazione vissuta in un'età di
crisi generale, non solo politica.
L’amore
L'«anima
bella» è necessariamente una «coscienza infelice» perché nulla può
appagarla totalmente. L'amore è certo una delle esperienze inevitabili
dell'uomo romantico che vive sullo slancio di un geistiges
Gefühl (sentimento
spirituale) capace di trascendere la banalità chiusa e monotona del
reale. La letteratura romantica della passione suggella spesso in modo
tragico i conflitti insolubili scatenati da quella forza della natura
che è l'amore, forza pura e innocente in contrasto con le ipocrite
convenzioni sociali.
Non
si deve comunque credere che l'amore per i romantici sia solo
sublimazione di spiriti senza corpo; nonostante la carica idealizzante,
esso tende a una pienezza di sentimenti che non esclude la dimensione
sensuale ed erotica, come mostra la grande linea narrativa del Bildungsroman
europeo. Nella psicologia romantica l'amore si associa di
frequente alla memoria, magari tramite il paesaggio che catalizza lo
slancio del cuore; spesso la morte ne è il risvolto simbiotico
ineludibile e perciò tragico, come dice Leopardi: «Quando novellamente
/ nasce nel cor profondo / un amoroso affetto, / languido e stanco
insiem con esso in petto / un desiderio di morir si sente: / come, non
so: ma tale / d'amor vero e possente è il primo effetto». «Quando si
fugge il dolore - afferma Novalis - è segno che non si vuole piú
amare. Chi ama dovrà eternamente sentire il vuoto che lo circonda e
serbare la sua ferita aperta». Lo scompenso metafisico, cioè il senso
dell'inadeguatezza del reale all'ideale, fa sí che anche l'amore riveli
i suoi limiti, travolto nella precarietà del tempo e delle illusioni, o
viva soltanto nella perennità del mito poetico.
La
morte
Ciò
spiega, almeno in parte, l'enorme importanza che ha la morte nella
spiritualità romantica, qualora si consideri che per la «coscienza
infelice» «la vita è l'inizio della morte. La vita esiste per amore
della morte» (Novalis). E proprio negli Inni alla notte (scritti
nel 1797 e pubblicati nel 1800) il grande lirico tedesco ritrova nella
fuga dalla luce, simbolo del perituro, e nella pace delle tenebre,
viatico a Dio, l'immagine confortatrice della sua adorata Sofia. La
notte, misteriosa e sublime, permette l'abolizione dello spazio e del
tempo, aprendo in noi gli «occhi infiniti» che ci consentono di
percepire l'unità del tutto, dell'amore e della morte stessa. Il male
di vivere invoca la suprema tregua della tomba: è il tema ossessivo
della poesia del Foscolo; ma, nello stesso tempo, la sofferenza
nobilita, distingue l'eroe romantico dall'uomo comune, redime.
Nella
linea stoica anticipata dal preromanticismo (Alfieri, il Werther goethiano
ripreso dall'Ortis del Foscolo) la morte esprime l'ultima tragica
contestazione del presente, del caduco, del limitato e la riaffermazione
orgogliosa e titanica dell'io libero che si rifiuta, uccidendosi, alla
mediocrità della vita. Più inquietante è la Todessehnsucht, l'attrazione distruttiva della morte che è un aspetto
psicanaliticamente essenziale della spiritualità che stiamo
indagando. Nel dramma di Kleist, Pentesilea (1808), la regina
delle Amazzoni spinge la sua folle passione per Achille sino
all'ebbrezza della distruzione e, fattasi cagna furiosa insieme ai suoi
mastini, sbrana voluttuosamente il corpo dell'amato prima di suicidarsi.
Anticipando il decadentismo, Kleist rappresenta nella guerra dei sessi
il trionfo di Thanatos su Eros, dell'istinto distruttivo su quello
unitivo, in una Grecia barbarica, dionisiaca e notturna che si pone
come radicale antitesi dell'Ellade armoniosa e solare di Goethe e del
neoclassicismo.
Il culto dell’io:
titanismo e vittimismo
Al centro della
spiritualità romantica è sempre e comunque il sommo valore dell'io, il
culto spinto sino al narcisismo della personalità geniale, ribelle,
eroica, in rotta con ogni norma o vincolo che in qualche modo la limiti,
secondo un modello protagonistico che dallo Sturm
und Drang si matura nel byronismo e in genere nel cosiddetto
titanismo o prometeismo: atteggiamenti che, in forme diverse, esaltano
la carica individualistica dell'io nella sua perpetua lotta contro la
società o il destino (si pensi all'esule ramingo, avversato dai «Numi»,
tipica del Foscolo). Al titanismo corrisponde l'atteggiamento antitetico
e complementare del vittimismo, del ripiegamento interiore, della voluptas dolendi,
della rinuncia alla lotta, della clausura solitaria (lontano dai
mediocri...): una manifestazione della psicologia romantica che si
delinea già nel fascino della malinconia da cui sono presi personaggi
egotistici.
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Estetiche
e poetiche del romanticismo
L'estetica
romantica
Per
quanto si è detto sinora, risulta quasi impossibile definire un'estetica
e una poetica del romanticismo, essendo cosí molteplici e contrastanti
le posizioni dei vari movimenti e gruppi romantici, anche nell'ambito di
una stessa cultura nazionale. Una filosofia dell'arte, inoltre, è
prospettata soltanto in Germania nel quadro dell'idealismo: in
particolare, con Schelling l'arte diventa un «organo» della filosofia
in quanto capace di cogliere l'unità di conscio ed inconscio,
soggetto ed oggetto, sino al punto piú alto che svela all'uomo l’«odissea
dello spirito», la manifestazione del divino. Questa aspirazione
totalizzante della poesia è presente anche in F. Schlegel, che vede in
essa la sintesi di reale e ideale, razionalità e inconsapevolezza,
filosofia e sentimento. Senza negare il primato della genialità, i
romantici tedeschi, diversamente dagli Stürmer,
non esaltano affatto il momento passionale e convulso
dell'ispirazione, bensí il dominio dello spirito lucido, il miracolo
della forma, il distacco della fantasia e dell'ironia. Si comprende
anche il recupero della dimensione mitica, tanto importante
nell'estetica tedesca: il mito, infatti, è essenzialmente la proiezione
simbolica, quasi archetipica, di una realtà spirituale profonda. La
fantasia, il mito, la fiaba, la poesia stessa fanno balenare dietro alla
realtà fenomenica il mistero dell'assoluto e dell'infinito. Di qui
l'importanza eccezionale che riveste in Germania il modo inventivo
fantastico-fiabesco, il genere dei Märchen o dei racconti
surreali, onirici e magici.
Solo
nel romanticismo tedesco, con Wackenroder soprattutto, si approfondisce
un'estetica musicale a sfondo mistico e irrazionalistico: la musica
(ancor piú della pittura) non imita la natura o la realtà esterna, è
pura arte dell'interiorità e del sentimento; analogamente, per
l'idealismo magico di Novalis la poesia si colloca al centro del mistero
dell'universo come scrittura dell'assoluto. Non c’è dubbio che questo
acuto interesse per l'arte è in parte stimolato dalla Critica del
giudizio di Kant, dalla dottrina delle idee e degli attributi estetici,
secondo cui il linguaggio poetico, diversamente da quello comune, è
plurisenso, suscita in noi una molteplicità di sensazioni e
rappresentazioni secondarie indistinte, indicibili. Dove il linguaggio
della parola non riesce a cogliere l'invisibile, sarà la musica per
Wackenroder a esprimerne il miracolo, l'epifania. Analogo è il pensiero
di Hoffmann, che considera la musica la piú romantica di tutte le arti
perché ha per oggetto l'infinito. Nella stessa ottica Novalis afferma:
«Ogni parola è una parola di evocazione. A seconda dello spirito che
chiama, uno spirito appare». Il poeta, quasi mago e incantatore, ci
apre al mondo ignoto del mistero.
Poetica del
romanticismo latino
Il romanticismo latino
è invece attratto, in prevalenza, dal vero, dalla rappresentazione
realistica e storica, dall'immediata espressione dei sentimenti, talora
da una concezione vatesca del poeta, interprete della voce del popolo e
dei destini della nazione (donde la generosa retorica patriottica che
attraversa il primo Ottocento). Le differenti condizioni storiche e
politiche, l'urgenza del riscatto nazionale, il rapporto non del tutto
antagonistico con la tradizione illuminista fanno prevalere, in
Italia, una poetica romantica (piú che un'estetica) che considera,
con la Madame de Staël, la letteratura come espressione della società.
Piú attiva nelle culture latine è la polemica contro il classicismo e
il suo sistema di regole, contro l'imitazione e la mitologia.
Può
accadere che romantici e classicisti si rifacciano a principi comuni,
come ad esempio all'idea che l'arte debba imitare la natura. Ma per i
classicisti la natura, immutabile, è fonte di un insegnamento attinto
alla perfezione dagli antichi; per i romantici essa è invece creatività
perenne e dinamica, sentimento, spontaneità. Regolarità e genio,
imitazione e originalità sono le diverse lezioni che si traggono dallo
stesso riferimento alla natura. Anche il vecchio principio mimetico
(l'arte è rappresentazione del vero) può avere svariate connotazioni
all'interno dei due sistemi. L'immagine del poeta che adempie una
missione nella società è ben romantica; ma anche i classicisti non
rinunciano al magistero letterario, alla difesa delle memorie, al
ruolo di educatori della nazione. Il mito della bellezza, infine, il
nostalgico recupero dell'armonia greca, gli stessi ideali
winckelmanniani hanno diversi esiti nel neoclassicismo romantico di
Schiller, Hölderlin, Keats e Foscolo. Per questi motivi è spesso assai
difficile separare nettamente i campi dei «tradizionalisti» e degli «innovatori»,
dei «conservatori» e dei «rivoluzionari». Classicista non vuol dire
di per sé reazionario, come riteneva il Pellico nel pieno della
battaglia del «Conciliatore»; cosí romantico non significa ipso
facto liberale: anche in Italia si hanno nobilissime figure di
patrioti dalla parte dei difensori della tradizione. Le classificazioni,
inoltre, erano allora piuttosto elastiche, talora sorprendenti.
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La cultura romantica
Il
nazionalismo
Al
cosmopolitismo della civiltà del Settecento i romantici contrappongono
il sentimento della nazione e della patria, il culto delle tradizioni
popolari, delle memorie e delle istituzioni del passato. L'universalismo
illuminista aveva un fondamento razionale (l'uomo-ragione è sempre
eguale in ogni tempo e luogo); il nazionalismo romantico ha connotazioni
sentimentali, oltre che storiche: il popolo ha una sua individualità,
una fisionomia inconfondibile come la persona che, calata in esso, vi
assume il volto del cittadino di quella determinata patria. Il
nazionalismo è di norma associato nei paesi latini al liberalismo dei
patrioti, anche se è possibile notarne gli usi ambivalenti nella
tradizione pangermanica che si rifà al pericoloso concetto di «nazione
missionaria», guida e faro delle altre. Le degenerazioni
imperialistiche del nazionalismo sono comunque estranee al miglior
pensiero romantico, rappresentato esemplarmente dal federalismo
europeo di Giuseppe Mazzini.
Fondamento
della tradizione nazionale è la cultura del popolo oggettivata nella
lingua (concepita anch'essa come un organismo spontaneo e naturale) e
nelle testimonianze folcloriche (i canti, le saghe, le fiabe ecc.),
amorevolmente raccolte e interpretate come espressione della Naturpoesie.
Il mito del Medioevo nasce, nella cultura romantica europea,
sulla scia di quell'integrale recupero del passato, e soprattutto del
passato cristiano, che porta a rivalutare le tradizioni popolari e
nazionali in funzione polemica con l'illuminismo francese.
Anche
in questo caso, soprattutto il romanticismo tedesco approfondisce, da
Fichte a Hegel, una nuova concezione della storia che si definisce
giustamente «storicismo». La storia è in genere sentita come uno
sviluppo spirituale in cui ogni momento e ogni età hanno un senso: il
passato non è liquidabile, come pensava l'illuminismo, alla stregua di
un tenebroso ammasso di errori e di superstizioni, privo affatto della
luce dell' intelletto; la storia, afferma Schelling, è la progressiva
manifestazione dell'Assoluto o dello Spirito universale, come vuole
Hegel; in essa si attua la coscienza della libertà di uomini e popoli
(magari attraverso l'«astuzia della ragione»...). Ma, prescindendo
dalle elaborazioni filosofiche, lo storicismo impregna profondamente la
cultura romantica europea e motiva quell'attenzione per ogni
manifestazione della vita, della società e dei costumi che si esprime
nell'arte storico-realistica dell'Ottocento, dalla letteratura alla
pittura, al melodramma musicale.
Per
quanto il romanticismo implichi, di necessità, un distacco piuttosto
marcato dal classicismo (specie latino) e in genere dai modelli
classicheggianti della cultura francese del Seicento e del Settecento,
l'anelito al passato, l'amore del bello, l'aspirazione nostalgica
all'armonia inducono alcuni romantici a mitizzare la Grecia apollinea
come una forma della Sehnsucht o
dell'evasione nel passato, mentre quella dionisiaca, violenta e
passionale si esprime marginalmente nell'opera di Kleist. Questo motivo
«barbarico», irrazionale, primitivo e fantastico è colto invece nel
Medioevo, anche se la rievocazione di tale età finisce ben presto per
dare vita alla moda alquanto stucchevole delle ballate, dei drammi e dei
romanzi «storici» (si pensi all'enorme successo di Walter Scott). Piú
complessa l'esigenza spirituale e ideologica che sorregge l'Enrico di Ofterdingen di Novalis e soprattutto Die
Christenheit oder Europa (1799), dove il primato della fede è visto
in funzione di quella pace tanto attesa dai popoli del continente,
sconvolti dalla bufera napoleonica. L'attesa di una nuova cristianità
che recuperi i valori essenziali del Medioevo coincide con la condanna
dell'illuminismo e della morale passiva e utilitaristica della
borghesia.
Il
valore della persona
Un altro grande tema della
cultura romantica è la valorizzazione della personalità autonoma e
creatrice, svincolata dalle costrizioni esterne della società, delle
convenzioni e delle norme tradizionali, prometeica, titanica e ribelle
secondo lo stile esagitato dello Sturm
und Drang, sempre
e comunque sommamente libera, protesa a un sogno di pienezza e di
felicità irrealizzabile nei limiti del contingente. La tensione
all'infinito e all'assoluto, implicita nella morale dell'idealismo,
arricchisce la psicologia romantica di una gamma assai vasta di
sentimenti, fra l'ebbrezza della gioia e la disperazione buia del dolore
e della noia, l'euforia dei grandi gesti e il vuoto spaventoso
dell'accidia, le intense emozioni dell'amore e l'onnipresente pensiero
della morte. L'uomo-anima del romanticismo si contrappone
all'uomo-macchina razionale e materialistico dell'illuminismo perché è
essenzialmente geistiges Gefühl, sentimento spirituale. L'eccezionalità di questo io sublime si
appoggia alla teoria del genio, dell'uomo-natura, che è già
implicitamente un super-uomo. La centralità dell'io porta alla
confessione diretta, secondo il modello di Rousseau, all'autobiografia,
al diario intimo. Qui agisce un altro grande mito del secolo: la
sincerità, l'esibizione della persona in tutte le sue pieghe nascoste,
nell'eccezionalità del suo sentire segreto, il piacere persino sadico
della nudità interiore, il superamento di ogni ipocrisia.
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