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Petronio
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L’IDENTIFICAZIONE DELL’AUTORE:
PETRONIUS ARBITER ELEGANTIARUM
L’identificazione dell’autore del Satyricon è stata a lungo oggetto
di un complesso dibattito critico. Oggi la maggior parte degli studiosi è
concorde con l’ipotesi di Ettore Paratore di datare il Satyricon come
opera del primo secolo d.C. e di identificare il suo autore con Petronio, un
personaggio molto in vista della corte di Nerone. Tacito parla di un Petronius
elegantiae arbiter (Annales, XVI, 18), definendolo un uomo raffinato,
amante della bella vita, che, grazie alle sue particolari qualità e alla sua
cultura riuscì a divenire uno dei pochi intimi di Nerone, e ad essere
conosciuto a corte con il soprannome di "arbitro del buon gusto".
Tacito riferisce anche le sue abitudini di vita, i modi di comportarsi in
pubblico, la grande simpatia di cui egli godeva presso l’imperatore e gli odi
che questo privilegio suscitò contro di lui. In Annales XVI, 19 Tacito narra
che Petronio, accusato di avere preso parte alla congiura dei Pisoni nel 65
d.C., fu costretto a suicidarsi su ordine di Nerone nel 66 a.C. Da altre fonti
apprendiamo che nel 62 d.C. fu console Tito Petronio Nigro, probabilmente
identificabile con il Petronio tacitiano, a cui però lo storico attribuisce il
prenome Gaio. Per quanto riguarda il cognomen Arbiter le spiegazioni
fornite dai critici sono due. Con la prima si sostiene che il cognomen Arbiter
sia derivato dalla definizione tacitiana; con la seconda spiegazione si
sostiene che Arbiter sia stato effettivamente il vero cognome di Petronio
a cui Tacito avrebbe alluso con un raffinato gioco di parole.
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L’OPERA:
PETRONII ARBITRI SATYRICON LIBRI
La prima ristampa integrale di tutti i frammenti del Satyricon rimastaci
è del 1669. Sappiamo però che i frammenti del Satyricon erano
conosciuti nel 1420 grazie all’opera di Poggio Bracciolini. Egli aveva
rinvenuto, sparsi per l’Europa, codici contenenti alcuni libri del Satyricon;
nel 1423 a Colonia rinvenne l’episodio della cena di Trimalcione che egli
definì: "Il XV libro di Petronio Arbitro". L’editio
princeps del Satyricon venne stampata a Milano nel 1482, basata
solamente, tuttavia, sugli estratti brevi rinvenuti fino allora.
Ciò che resta a noi
del Satyricon è soltanto una minima parte rispetto all’enorme mole del
romanzo nella versione originale. Al punto che tentare di ricostruirne la
vicenda risulta quasi impossibile, se non arbitrario, dato che a noi sono giunti
soltanto l’episodio della cosiddetta Cena Trimalchionis, ambientato in
una non meglio identificata Graeca urbs, e vari frammenti relativi a
vicende immediatamente precedenti o successive alla cena medesima, a loro volta
ambientate nella stessa città della Magna Grecia e a Crotone.
In particolare, del Satyricon
sono a noi giunti in parte e in forma compendiata i libri XIV, XV e XVI su
un’opera che probabilmente ne contava 24, in accordo con la numerazione
tradizionale dell’epica, con immediato riferimento all’Odissea [Sono
svariati i collegamenti con l’Odissea: Ulisse-Nettuno/Encolpio-Priapo; il nome
"Antro del Ciclope" della nave su cui si imbarcano i protagonisti;
l’incontro di Encolpio con la matrona di nome Circe; il falso nome Polieno,
con cui le Muse invocarono Odisseo, assunto da Encolpio].
Il contenuto consiste
nel racconto omodiegetico (come si vedrà la narrazione omodiegetica è
realizzata sul modello della fabula milesia) che il protagonista Encolpio
fa delle sue spregiudicate gesta e dei suoi compagni, l’avventuriero Ascilto,
il bellissimo fanciullo Gitone e, da ultimo il poeta Eumolpo. Sul filo di una
debole unità, il romanzo fondato sul motivo erotico e delle avventure di
viaggio, si spezza in un gran numero di episodi e di divagazioni letterarie e ed
artistiche. Così l’interesse si ferma sulle singole scene, pittoresche e di
un realismo crudo e senza ritegno. Per lo più traggono materia dalla gelosia
per l’amore di Gitone, da celebrazioni di riti religiosi per il dio Priapo, da
risse furiose, e da feste e banchetti eccezionali come la cena di Trimalcione.
All’interno di questo impianto sono inserite alcune novelle, concepite
dall’autore come brevi intermezzi distensivi nel vortice spesso caotico
dell’azione. Si tratta di brevi apologhi rivissuti e commentati dai
protagonisti con un procedimento che ricorda quello sobrio e distaccato del
Decameron boccaccesco: i fatti che costituiscono la trama della vicenda sono
presentati facendo ricorso esclusivamente ai tratti essenziali e necessari alla
messa in rilievo dello svolgimento della vicenda alla caratterizzazione dei
personaggi. Esse sono in tutto cinque:
- apologo del vetro infrangibile (Sat. LI);
- caso di licantropia (Sat. LXI) ;
- streghe che sostituiscono un fantoccio ad un cadavere di bimbo (Sat.
LXIII);
- efebo vizioso di Pergamo (Sat. LXXXV, LXXXVI,
LXXXVII);
- vedova di Efeso (Sat. CXI).
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INTRECCIO
Nel libro XIV troviamo Encolpio alle prese con un retore, Agamennone, che
disserta sulla decadenza dell’oratoria, argomento topico le I sec d.C.
Successivamente compare Ascilto, rivale in amore di Encolpio. Gitone, Ascilto,
ed Encolpio vengono accusati da Quartilla, sacerdotessa del dio Priapo (dio
della sessualità), di avere violato i sacri misteri del dio. Il terzetto è
quindi obbligato a subire ogni sorta di sevizie erotiche nel corso di una
cerimonia.
Nel libro XV ha
inizio il lungo racconto della cena cui i tre partecipano nella casa del
ricchissimo liberto Trimalcione. Durante il banchetto il padrone di casa
esibisce il suo sfarzo e la sua ricchezza nei modi più spettacolari e
grotteschi disgustando Encolpio. In questa sezione è presente il litigio tra
Encolpio ed Ascilto per Gitone.
Nel libro XVI
Encolpio incontra Eumolpo, vecchio letterato, che gli offre una rappresentazione
in versi della cosiddetta Troiae Halosis. I due divengono amici e
viaggiano insieme al ritrovato Gitone, ma ben presto Encolpio si accorge di
avere in Eumolpo un altro rivale in amore. Alla successiva riconciliazione, il
nuovo terzetto giunge a Crotone, tra stratagemmi, imbrogli e peripezie. Eumolpo
illustra qui i requisiti che deve avere la poesia elevata e ne dà un saggio con
con un vasto brano epico, di 295 esametri, sul Bellum Civile tra Cesare e
Pompeo. Encolpio è successivamente reso sterile dal dio Priapo adirato, ed egli
cerca di recuperare la virilità attraverso la magia. Eumolpo intanto redige il
suo testamento con particolari clausole per gli eredi.
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IL GENERE
L’individuazione del genere letterario del Satyricon è
argomento di una complessa questione. Distinguiamo quattro fondamentali influssi
formativi:
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Romanzo greco
Il Satyricon è la parodia dei romanzi d'amore ellenistici, in cui la
schema verteva sulla separazione e il ricongiungimento di due innamorati e
la storia si evolveva soprattutto in chiave moralistica e idealizzante e
terminava con un lieto fine. Petronio viceversa non idealizza né rende
perfetti i propri personaggi, anzi li rappresenta con tratti caricaturali
grotteschi. Dal romanzo ellenistico rimangono i temi fondamentali della
separazione e del ricongiungimento, attraverso innumerevoli peripezie, ma i
temi sono rovesciati in chiave parodistica: i personaggi sono protagonisti
di un amore omossessuale e il tema della "fedeltà a tutti i
costi" diventa la "fedeltà tradita di continuo". E’
inoltre rilevante l’ambientazione dell’intreccio nel Mediterraneo
Occidentale, in contrapposizione ai romanzi greci, il cui panorama
d’azione è il Mediterraneo orientale.
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Epica
Parodia in particolare dell'Odissea (all’ira di Nettuno che
perseguita Ulisse si sostituisce quella di Priapo nei confronti di Encolpio;
il nome "L’antro del Ciclope" della nave su cui viaggiano i
protagonisti; l’incontro di Encolpio con la matrona Circe; il falso nome
Polieno, con cui le sirene invocarono Ulisse, assunto da Encolpio)
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Satira
E’ possibile ricondurre il Satyricon ad un genere tipicamente
romano, da cui ha probabilmente desunto il nome: la Satira. In particolare
il Satyricon di Petronio si inserisce come ultima tappa del filone più
antico del genere satirico, ossia il filone della varietas (Satura
est carmen quod ex variis poematibus constabat, Quintiliano, Inst.
Or. X, 93-95). Tale linea ascende ad Ennio, si snoda con Pacuvio e
Terenzio Varrone Reatino e culmina con Petronio. Il carattere miscellaneo
del Satyricon si coglie nell’alternanza tra prosa e poesia, prosimetrum,
tipico della satira menippea: la declamazione del retore Agamennone in
coliambi ed esametri, la Troiae Halosis in trimetri giambici, il Bellum
Civile in esametri, ne sono i più vistosi esempi. La satira offre un
modello retorico-stilistico sufficientemente elastico a recepire e ad
articolare i vari materiali della tradizione milesia, fusi con le
osservazioni e le riflessioni dell’autore.
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Novella milesia
Come già visto sono presenti nel romanzo cinque novelle. Esse
testimoniano l’influsso nel Satyricon della novellistica volgare e
ridanciana della fabula milesia, il cui più celebre esponente fu Aristide
di Mileto che nel II sec. a.C. scrisse le Milhsiaka (storie milesie).
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LIVELLI DIEGETICI
Discussione con il retore Agamennone sulla decadenza
dell'oratoria. Una parte della declamazione è in versi coliambi ed
esametri.
Il terzetto composto da Encolpio, Ascilto, Gitone si trova in una
Graeca Urbs (Napoli o Pozzuoli. I tre sono coinvolti da Quartilla,
sacerdotessa di priapo nei riti del dio.
Coena Trimalchionis
Il terzetto partecipa alla cena del liberto Trimalcione,
insieme a molti convitati, tra cui Agamennone.
Ingresso di Trimalcione
Descrizione delle portate
Un commensale presenta Fortunata, moglie di
Trimalcione, e descrive la ricchezza del padrone di
casa, l'ambiente dei liberti, i repentini cambiamenti
di fortuna. |
Discorsi dei commensali: Dama, Seleuco, Filerote,
Ganimede, Eschione. I brevi discorsi sono incentrati
sui repentini cambiamenti della fortuna. |
Encolpio descrive altre straordinarie portate della cena
Prima novella milesia: Trimalcione
racconta l'apologo del vetro infrangibile. |
Discussioni tra Trimalcione e i suoi ospiti sulla
letteratura e sulla retorica
Ingresso degli acrobati Esibizione dei doni per i commensali
Ingresso dei commedianti
Seconda
novella milesia: Nicerote narra un caso di
licantropia. |
Terza
novella milesia: Trimalcione narra l'episodio delle
streghe e del fantoccio. |
Ingresso dei suonatori di flauto. Bisticci tra servi
Ingresso dello scalpellino Abinna,
autore del monimento funebre di Trimalcione, che
descrive la cena offerta da Scissa alla quale ha
partecipato. |
Trimalcione legge il suo testamento.
Narra la propria vita e l'origine delle proprie
ricchezze. |
I suonatori intonano la marcia funebre Il terzetto si
allontana.
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Lite tra Encolpio e Ascilto a causa di Gitone
Encolpio incontra il vecchio letterato Eumolpo
Quarta
novella milesia: Eumolpo narra la vicenda dell'efebo vizioso
di Pergamo. |
Eumolpo
recita la Troiae Halosis (65 trimetri giambici). |
Encolpio ed Eumolpo ritrovano Gitone. I tre affrontano un avventuroso
viaggio per mare
Lite tra Encolpio e Lica, padrone della nave
Quinta novella milesia: Eumolpo racconta
l'episodio della matrona di Efeso. |
Scampati ad un naufragio, i tre giungono a Crotone
Encolpio recita il Bellum Civile (295
esametri). |
Encolpio incontra la ricca Circe
Eumolpo legge il suo bizzarro testamento
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IL
CARATTERE MISCELLANEO DEL ROMANZO: ROMANZO E SATIRA
Come enuncia il
titolo, è fondamentale nel Satyricon l’influsso della satira: la
traduzione letterale del titolo è infatti "Libri di vicende
satiriche".
Quintiliano aveva
affermato con orgoglio Satura quidem tota nostra est (Institutio
oratoria X, 93-95), a sottolineare il carattere esclusivamente latino
che distingueva tale genere. In seguito Diomede, autore del IV sec.d.C., nella
sua Ars Grammatica, opera di riflessioni etimologiche, morfologiche,
stilistiche e metriche, ci lascia due fondamentali definizioni, indispensabili
per la comprensione della Satira in Roma:
Satura est
carmen quod ex variis poematibus constabat
Satura est carmen ad carpenda hominum vitia
Disponiamo di una
doppia chiave di lettura per individuare il saturae genus:
-
la prima si
riferisce all’aspetto strutturale/formale
-
la seconda si
riferisce all’aspetto contenutistico/moralistico
Si prendano ora in esame le diverse ipotesi sull’etimologia
di Satura, ricollegandole rispettivamente alle formulazioni di Diomede (1)
oppure (2)
-
Satura dicta "a satyris": riferimento a
rustiche rappresentazioni interpretate da attori travestiti da satiri in
riti di fecondità. Esse erano caratterizzate da scherzi, lazzi e motti
moraleggianti (2.)
-
Satura dicta "a satura lance":
riferimento a un piatto primizie miste offerto agli dei (1.)
-
Satura dicta "a copia et saturitatae rei":
riferimento all’idea di pienezza ed abbondanza, laddove "saturitas"
è termine per indicare la pienezza e l’abbondanza dgli argomenti trattati
(1.)
-
Satura dicta "a salsa satura":
riferimento all’ambito culinario, per indicare il "farcimen",
ossia il ripieno (1.)
-
Satura dicta "a lege satura":
riferimento all’ambito giuridico, ad indicare un fascicolo contenente le
varie ed eventuali di un’assemblea oppure gli stralci di un singolo
provvedimento legislativo (1.)
Grazie alle
formulazioni di Diomede, è possibile tracciare due linee di sviluppo della
satira. La prima e più antica è quella che nasce dall’etimo di varietas:
-
ENNIO, 4 libri di
Saturae (Saturarum libri);
-
PACUVIO, della
cui produzione satirica si hanno notizie incerte;
-
TERENZIO VARRONE
REATINO, 140 libri di Satire Menippee, così chiamate perché ispirate alle
discussioni filosofiche in prosa di Menippo di Gadara, caratterizzate dalla
presenza dello spoudogeloion (alternanza del serio-faceto) e dalla
diatriba cinico-stoica.
-
PETRONIO, Satyricon
La seconda linea vede
come esponenti:
-
LUCILIO, 30 libri
di satire;
-
ORAZIO, 2 libri
di Sermones;
-
PERSIO, 6
componimenti satirici;
-
GIOVENALE, 16
componimenti satirici;
LA SATIRA NEL SATYRICON DI PETRONIO
Nell’elenco precedente il Satyricon è stato inserito come punto d’arrivo
della linea della satira più antica, di ascendenza enniana, caratterizzata
dalla varietas: tale linea offrì a Petronio un modello retorico e
stilistico sufficientemente elastico a recepire e ad articolare i vari materiali
della tradizione milesia, fusi con le osservazioni e le riflessioni
dell’autore.
Da un’attenta
analisi, tuttavia, emerge che il Satyricon di Petronio attinse ad
entrambe le matrici su cui si sviluppò a Roma la satira:
-
forma del Satyricon
(linea della varietas): il Satiricon è dominato dall’alternanza
prosa-versi (prosimetrum), costante della satira menippea, che
all’epoca trova un altro illustre esempio nell’Apocolokyntosis
di Seneca;
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contenuto del Satyricon
(linea realistica): l’autore proietta l’opera nel panorama della società
del suo tempo e in particolare focalizza sui ceti bassi e sul ceto dei
liberti in ascesa in età giulio-claudia.Dunque Petronio riserva notevole
spazio, sulla scia della satira di ascendenza luciliana, non solo alla
varietà dei temi, ma anche alla componente realistica.
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LA
QUESTIONE DEL REALISMO
Il realismo, cioè lo
sguardo attento ad una realtà che si intende rappresentare nei suoi molteplici
aspetti, in Petronio tocca livelli di resa, anche linguistica, precedentemente
sconosciuti alla letteratura latina.
L’atteggiamento
dell’autore di fronte alla realtà e ai problemi morali che essa propone, non
risulta mai, per altro, improntato al biasimo e alla condanna moralistica,
quanto piuttosto all’aristocratico disincanto di un osservatore divertito.
Tale esito è raggiunto mediante un accurato uso delle forme linguistiche, dei
mezzi espressivi e di operazioni di etopea. Petronio adatta ad ogni personaggio
il suo specifico registro linguistico: si passa così dalla stile aulico,
declamatorio, di Eumolpo, alla parlata volgare, piena di espressioni gergali dei
commensali di Trimalcione. A caratterizzare un personaggio non concorrono
solamente le sue azioni e i suoi discorsi ma anche la lingua. La modalità
letteraria con cui, poi, vengono riferiti i fatti, rappresenta un esempio
insuperato nella letteratura classica di realismo descrittivo.
Petronio evita di
raccontare personalmente le vicende delegando il compito direttamente ai suoi
personaggi. L’opera infatti è pensata come un lungo diario personale, scritto
in prima persona dal protagonista Encolpio. Questo artificio narrativo
conferisce alle descrizioni un tono estremamente soggettivo, con un conseguente
sdoppiamento di prospettiva: il personaggio nel descrivere gli altri descrive
inconsapevolmente, con i suoi giudizi e considerazioni, anche se stesso. Il
procedimento, come afferma Erich Auerbach nel suo celebre saggio Mimesis "conduce
ad un’illusione di vita più sensibile e concreta", e quindi più
realistica.
La narrazione
soggettiva fatta da un personaggio delle proprie peripezie ha, nella sua forma
esteriore, diversi precedenti nella letteratura classica: ad esempio, il celebre
racconto di Ulisse alla corte dei Feaci o Enea presso Didone.
Petronio, tuttavia,
per la prima volta, se ne serve per una obiettiva e consapevole descrizione di
un particolare strato sociale: la bassa plebe provinciale e l’emergente classe
dei liberti del primo secolo dopo Cristo. Questo intento descrittivo, come
osserva ancora Auerbach, rende l’opera di Petronio più simile di ogni altro
scritto classico alla moderna rappresentazione realistica di scrittori come
Balzac, Flaubert, Tolstoy o Dostoevskij, rappresentando dunque il limite estremo
cui il realismo antico sia mai arrivato. Gli altri generi letterari che
rappresentano la realtà quotidiana bassa sono cristallizzati nella loro
descrizione in schemi fissi e generici, come nella commedia, o, invece, come nel
caso della satira, risentono di uno spiccato moralismo, che accentua in chiave
critica i vizi dei personaggi.
Bisogna però
precisare che Petronio, come tutti gli scrittori e storici classici, non conosce
il concetto moderno di società, con le sue problematiche politiche ed
economiche e le sue suddivisioni in classi e forze sociali. La sua descrizione
dei liberti che partecipano alla cena di Trimalcione non esamina assolutamente
le cause economiche e politiche che nel I d.C. hanno portato alla ribalta nella
società romana quel ceto che, soltanto pochi decenni prima, era in uno stato di
totale asservimento. Inoltre, la severa divisione degli stili vigente in tutta
la letteratura classica e codificata da Aristotele nella Poetica
imponeva che la vita quotodiana e la realtà bassa del popolo dovesse essere
rappresentata solamente in forma comica e mai in modo tragico e serio.
Il Satyricon non si
pone nessuna finalità documentaria o sociologica né tantomeno può essere
interpretato come una denuncia della società del tempo. L’autore la descrive
con estrema spregiudicatezza ma allo stesso tempo con stile fortemente ironico,
sagace e distaccato. Il realismo petroniano risulta dunque notevolmente limitato
se confrontato con la letteratura moderna, in quanto non consente un
approfondimento serio e problematico delle tematiche sociali, pur rappresentando
la più avanzata forma di realismo della letteratura classica.
Una ben diversa
concezione della realtà traspare invece dai pressoché contemporanei testi
evangelici. Per gli evangelisti, la quotidianità ed il mondo basso del popolo
viene ad assumere un’enorme importanza, essendo il luogo dove hanno origine un
nuovo movimento spirituale e nuove forze storiche dalla straordinaria portata
rivoluzionaria. Dagli scrittori dei Vangeli, inoltre, è lontana ogni ambizione
letteraria e di conseguenza, un’artificiosa elaborazione stilistica. Caduta,
infatti, la convenzione stilistica aristotelica ed ogni intento moralistico e
retorico, i Vangeli assumeranno un’immediatezza espressiva e linguistica che
non trova l’eguale in nessun testo della letteratura antica.
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