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4. L'ingranaggio dello sterminio.

4.1. Deportazioni.

Nell'Europa occidentale bisogna passare al «setac­cio», come dicono i tedeschi, le popolazioni ebraiche. Innanzitutto viene fatto un censimento. Poi, forti di uno schedario che è diventato lo strumento essenziale del crimine di Stato, i tedeschi e i loro complici locali confiscano i beni degli ebrei, riducono la loro libertà di movimento, li marchiano (la stella gialla viene in­trodotta nell'Europa occidentale a partire dal giugno 1942), poi li incarcerano e li ammassano (Drancy in Francia, Westerbork nei Paesi Bassi, per non citare che due esempi), infine li deportano.

Con un piano minuzioso gli ebrei vengono espro­priati e l'intero bottino spedito in Germania. In un pri­mo tempo, i beni sono sequestrati, poi «arianizzati» (le imprese degli ebrei finiscono nelle mani di ammini­stratori ariani) prima di essere «liquidati», vale a dire inoltrati verso il Reich. I conti bancari vengono bloc­cati, gli appartamenti e i mobili confiscati.

All'Est, il saccheggio delle comunità, numerose ma spesso molto povere, avveniva essenzialmente attra­verso lo sfruttamento del lavoro servile, cioè il lavoro forzato.

Le deportazioni di massa incominciano nel 1942. I deportati vengono prima condotti in un campo di tran­sito, poi il Rsha e il ministero dei Trasporti tedesco (per il quale lavorano solo funzionari civili) organizzano convogli che, fino al 1944, resteranno di primaria im­portanza. Gli ebrei vengono ammucchiati in cento, o addirittura in centoventi, dentro vagoni merci che al massimo potrebbero trasportare quaranta uomini, in spazi ermeticamente chiusi, quasi senz'aria, senz'acqua e senza cibo, gelidi d'inverno, soffocanti d'estate, quando i treni restano talvolta bloccati per ore sotto il sole e la temperatura interna può salire fino a sessanta gradi: l'operazione di sterminio è incominciata ben pri­ma dell'arrivo in Polonia.

Dall'Europa occidentale (Belgio, Paesi Bassi, Francia), centrale (il Reich da dove partono i primi convo­gli, la Cecoslovacchia, la Jugoslavia, l'Ungheria in par­ticolare), meridionale (Grecia): circa tre milioni di ebrei vengono condotti verso i campi di sterminio con «viag­gi» che durano da due a, talvolta, dodici giorni. All'ar­rivo, i morti e i moribondi sono già numerosi.

 

4.2. Dalle fucilazioni di massa alla camera a gas.  

Prima della shoah vera e propria (estate 1941), la Germania ha assassinato oltre settantamila malati di mente, malformati e handicappati. È il «programma T4» (dal nome della via, Tiergartenstrasse 4, a Berlino, dove aveva sede lo stato maggiore dell'operazione). Sospeso nell'ago­sto 1941 in seguito alle proteste, come comunemente si afferma, del vescovo di Munster, monsignor von Galen, ma in realtà perché l'obiettivo era già stato in grossa mi­sura raggiunto, questo piano viene portato avanti nei ter­ritori occupati dell'Est (e, in maniera più discreta, all'in­terno dello stesso Reich) con il nome in codice 13F13. In totale, il «T4» avrebbe fatto dalle centomila alle cen­toventimila vittime. Sia sul piano pratico (con la came­ra à gas), sia su quello ideologico, attraverso la messa in opera di una teoria dello sterminio, è questa la matrice dell'assassinio di massa degli ebrei d'Europa.

Le «operazioni mobili di uccisione» per­petrate dagli Einsatzgruppen si rivelano troppo lente, troppo vistose, troppo faticose per gli assassini. Per di piú, sarà impossibile portarle avanti nell'Europa occi­dentale. Ispirandosi al veicolo «adattato» utilizzato per assassinare dei malati di mente in Prussia orientale nel dicembre 1940, e dei Serbi, in Jugoslavia, nel 1941, i tedeschi mettono in piedi a Chellmno, presso Lódž, nell'autunno 1941, un centro di annientamento con i «camion a gas». Questi vengono costruiti da ditte te­desche: Diamond, Opel-Blitz e soprattutto Saurer. Possono contenere fino a settanta vittime, ammassate, rinchiuse e asfissiate dal monossido di carbonio del mo­tore Diesel, reintrodotto nel camion.

Il 17 dicembre 1941, gli ebrei polacchi sono le prime vittime dei camion a gas di Chelmno. «Gridavano, piangevano e tentavano di resistere, racconta un tede­sco durante un processo del dopoguerra. [...] Impri­gionati nella completa oscurità [...], in preda a un'an­goscia orribile perché erano tutti ammucchiati e rin­chiusi ermeticamente, urlavano e picchiavano dispera­tamente contro le pareti del veicolo». «Alcuni vomitavano, si svuotavano di escrementi e di urina», ma «certi restavano coscienti abbastanza a lungo per assi­stere all'agonia degli altri». Le vittime vengono getta­te in una fossa precedentemente preparata da un «com­mando ebreo del lavoro». Ma gli assassini sono ancora incerti sul procedimento: all'inizio del 1942, la came­ra a gas fissa diventa il mezzo definitivo di sterminio messo a punto dalla Germania.

Sempre in quell'anno, nel mese di marzo, prende il via 1'«operazione Reinhardt» (Aktion Reinhardt), pia­nificata a Wannsee. È il nome in codice dell'assassinio di massa degli ebrei polacchi (oltre tre milioni di per­sone). L'operazione viene affidata al generale austria­co delle SS Odilo Globocknick, affiancato dal coman­dante SS Christian Wirth, ex responsabile del «pro­gramma T4».

«L'operazione Reinhardt» porta alla costruzione di tre «campi di sterminio», dove vengono assassinati nel­le camere a gas quasi esclusivamente ebrei polacchi: Belzec, aperto nel marzo 1942, Sobibòr, aperto un me­se dopo (entrambi situati nel distretto di Lublino), e Treblinka, situato nel distretto di Varsavia e aperto nel luglio 1942. In meno di diciotto mesi, dalla primavera all'autunno 1943, in questi luoghi vengono uccise un milione e mezzo di persone, circa la metà delle quali nel solo campo di Treblinka.

Il campo di Auschwitz, diretto fino al 1943 da Ru­dolf Höss, viene costruito nel 1940 vicino a Oswiecim, nell'alta Slesia polacca, in un sito facilmente accessibi­le perché poco distante dal nodo ferroviario di Ka­towice. A partire dal 1942, Auschwitz diventa il prin­cipale centro dell'assassinio di massa. Nel 1944, è l'ul­timo luogo ancora funzionante della sistematica distruzione del popolo ebraico. È composto da tre cam­pi: Auschwitz I, il campo originario, poi rimasto luogo concentrazionario; Auschwitz II (Birkenau), diventato a partire dal 1942, il luogo del genocidio ebraico; Auschwitz III (Monowitz), qualche chilometro piú in là, campo di lavoro forzato dove sono attive alcune grandi imprese tedesche con il loro personale civile.

Birkenau incomincia a essere costruito alla fine del 1941. Pensando a Treblinka, dove, a suo avviso, l'azio­ne del monossido di carbonio «non è molto efficace», Höss decide di utilizzare l'acido cianidrico, che rien­tra nella composizione di un potente insetticida, lo Zyklon B. Alcune imprese tedesche costruiscono le ca­mere a gas e i forni. Nel 1942 vengono costituite quat­tro unità combinate; esse fanno di Auschwitz una fab­brica di uccisioni collettive destinata a industrializza­re il processo di assassinio. Quest'ultimo, in poche ore, conduce le vittime dalla rampa di sbarco al crematorio (circa due terzi dei componenti di ogni convoglio ven­gono uccisi nelle ore che seguono il loro arrivo, dopo una «selezione» effettuata sulla rampa da medici te­deschi, spesso ex partecipanti al «programma T4»). Dopo l'asfissia, un «commando ebraico» apre le porte e procede all'estrazione dell'oro dentario. I cadaveri vengono in seguito inceneriti nei crematori. Nell'esta­te 1944 vengono assassinate ogni giorno circa dodici­mila persone.

Tra il febbraio 1942 e il novembre 1944, circa un milione di ebrei europei sono stati assassinati ad Au­schwitz.

Parallelamente a questi massacri organizzati, gli ebrei, gli Zigani, e anche i polacchi, sono sottoposti a esperimenti medici sulla «razza» e sulla gemellarità; vengono loro inoculati i batteri della tubercolosi e del tifo. L'asservimento e la selezione periodica sono un de­stino quotidiano, soprattutto per gli ebrei, situati al gra­do piú basso della gerarchia dei detenuti; verso la fine, soltanto loro saranno sottoposti alle «selezioni» che con­ducono all'uccisione dei piú deboli: i prigionieri, nudi, rinchiusi nelle baracche, aspettano di essere esaminati dai medici delle SS che, con un semplice sguardo, de­cidono se inviarli o meno alla camera a gas. Le imprese tedesche (Krupp, Siemens, IG Farben soprattutto) com­prano i detenuti alle SS per una cifra che va dai quat­tro ai sei marchi al giorno. Trentacinquemila prigionie­ri sono passati per la Buna di IG Farben, ad Auschwitz­-Monowitz, e venticinquemila vi sono morti.

Dal novembre del 1944, di fronte all'avanzata dell'Armata rossa, i tedeschi abbandonano diversi luo­ghi concentrazionari. In particolare Auschwitz, eva­cuato il 18 e il 19 novembre 1945. Cinquantottomila pri­gionieri (su sessantasettemila), lasciano il campo con un freddo glaciale. Iniziano allora, verso ovest, delle marce spaventose, a piedi o su piattaforme scoperte, senza cibo né acqua. Queste «marce della morte», nell'inverno 1944-1945, saranno fatali per una gran parte dei sopravvissuti di Auschwitz e degli altri cam­pi dell'Est. Nel campo di Auschwitz, dove l'Armata rossa penetra il 27 gennaio 1945, i tedeschi, senza riu­scirci completamente, tentano di far scomparire, tra il 19 e il 27, le tracce del crimine distruggendo un gran numero di installazioni.

 

4.3. Dissimulare.

Nel 1941 e nel corso del primo semestre del 1942, ancora fiduciosi nella vittoria, i tedeschi hanno sep­pellito centinaia di migliaia di cadaveri in fosse comu­ni. Ma quando la prospettiva di vittoria si allontana, temendo che vengano scoperte le tracce del crimine, Himmler dà l'ordine, nel 1942, di istituire un com­mando speciale incaricato di riesumare e bruciare i cor­pi, poi di cancellare ogni indizio (ceneri, ossa frantu­mate...). Il «commando 1005», come viene chiamato in codice, è diretto dall'ex capo di Einsatzgruppe Paul Blobel, responsabile del massacro di Babi Yar. In un secondo tempo, i forni crematori costruiti dall'impre­sa Topf di Erfurt sostituiranno i bracieri.

Questa volontà di dissimulazione, che è anche una forma di autoprotezione psicologica, coinvolge in pri­mo luogo il linguaggio. Si parla di «trattamento speciale» (uccisione con il gas), di «evacuazione» o di «reinstallazione a Est» per le grandi deportazioni ver­so l'assassinio. A partire dal 1943, si parlerà di «ghet­tizzare» le popolazioni.

Ma il genocidio ha fatto tutt'uno, con la maggior parte, volente o nolente, della società tedesca e delle società complici. La Reichbahn, che deportò tre milioni di ebrei, le industrie che fabbricarono i camion (Dia­mond, Opel-Biltz e Saurer), i costruttori di camere a gas e di crematori, i produttori di gas Zyklon (Degue­sch, filiale di Degussa del gruppo IG Farben), la Rei­chbank, che fondeva in lingotti l'oro rubato alle vitti­me, le banche che chiusero i conti, i milioni di civili, infine, che approfittarono di questa gigantesca spolia­zione, tutti, a vari livelli, hanno contribuito al crimine di massa.

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© luciano zappella