Lager e letteratura |
a cura di Stefano Zampieri |
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Introduzione
Per
i superstiti del Lager, raccontare è stata una necessità assoluta, di
fronte ad una memoria collettiva che sembrava rivolta piuttosto a
dimenticare, a cancellare un evento così drammatico e disumano da
apparire intollerabile.
Raccontare
è dunque una necessità, una priorità assoluta, ma non è una cosa
facile. Perché raccontare quel dramma spaventoso significa entrare in
una contraddizione irrisolvibile ma che, pure, bisogna affrontare. Una
contraddizione che Elie Wiesel enuncia così: "Tacere è proibito,
parlare è impossibile". Bisogna, cioè, conservare la memoria di
quegli eventi, impedire che vengano cancellati dal tempo, ma trovare le
parole per dire tanta violenza, tanta disumanità, è forse impossibile.
Le parole dello scrittore, del testimone, non sono mai sufficienti, si
fermano sempre un passo al di qua dell'incredibile, lasciando al lettore
il compito di comprendere fino in fondo con quale angoscia, con quale
sofferenza, con quale sentimento, milioni di uomini, donne e bambini,
hanno dovuto subire quel processo di annientamento dell'umano.
E',
comunque, una strada che bisogna percorrere, per conservare, per
ricordare, per far tesoro di quanto è successo e ancora potrebbe
accadere. Per indicare alla nostra civiltà e alla nostra cultura
l'evento della violenza assoluta, che nell'Olocausto ha toccato il
limite estremo dell'annientamento, ma che è tuttora presente almeno
come possibilità. Raccontare, dunque, per ricordare una vicenda spaventosa che ha segnato e segna ancor oggi il nostro secolo.
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1. CANCELLARE L'UMANO DELL'UOMO Uno psicologo nei Lager (1946)
La specie umana (1947)
Intellettuale a Auschwitz (1966)
Diario di Gusen (1944-1945)
Anni d'infanzia. Un bambino nei lager (1978)
Se questo è un uomo (1947)
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