IL SECONDO NOVECENTO: DAL DOPOGUERRA AD OGGI

La rinascita dell’umanesimo e la critica alla tecnica

La tragedia della guerra e la straordinaria ferocia dimostrata dagli apparati bellici, la consapevolezza della Shoah, il clima di tensione internazionale che permaneva a causa della competizione tra Stati Uniti e Unione Sovietica, furono tutti fattori che favorirono la rinascita dell’Umanesimo. Facendo appello alla miglior tradizione occidentale, l’uomo divenne nuovamente il centro della riflessione teorica e dell’attività politica degli intellettuali. Anche perché un nuovo pericolo sì profilava all’orizzonte: quello di un predominio della tecnica che può portare ad una società disumanizzata, cioè una società in cui gli uomini non sono più padroni dei loro destino perché la tecnica è diventata una realtà di cui è impossibile liberarsi.

 

 

Pensiero critico ed esistenzialista

Questa consapevolezza è il prodotto di un pensiero critico verso la tecnica e verso la sua capacità di manipolare e controllare la via degli uomini, di serializzare e massificane tutti gli aspetti della cultura e dell'arte. Esso sorse in Germania ad opera di pensatori modo distanti tra loro come Heidegger, Benjamin, Adorno, Marcuse.

In Francia, invece, nel dopoguerra nacque l’Esistenzialismo, una corrente filosofica che affermava il valore dell’esistenza umana, della sua libertà. Tra i più importanti esponenti vi fu Sartre, per il quale l'esistenza è una condizione di piena libertà in cui ciascuno è chiamato a scegliere chi e che cosa vuol essere e ad impegnarsi per realizzare questa scelta. Una versione personale della concezione umanistica eistenziasta è stata quella della compagna di vita e di attività filosofica e politica di Sartre, S. de Beauvoir, che ha pubblicato un testo fondamentale per la riflessione femminista in cui afferma che l’eguaglianza delle donne è solo una conquista apparente fin quando le donne non saranno libere di realizzare la propria individualità al di fuori del modello dì vita e di pensiero maschili.

 

Partito comunista e marxismo critico

Nel dopoguerra molti italiani videro nel Partito comunista il luogo in cui era possibile combattere la cultura tradizionale e crearne una nuova che si ponesse come scopo quello di cambiare la realtà politica e sociale e di migliorare le condizioni di vita del popolo. Nasceva una figura di intellettuale attivo, animato dalla volontà di spiegare e di educare. Il modello di questo intellettuale era indicato da Gramsci nei suoi Quaderni dal carcere, pubblicati in quegli anni. In essi Gramsci esprimeva l'ideale di una cultura nazìonal-popolare, cioè tale da porre i valori del popolo come base dell’identità nazionale. Ma il clima interno al partito non favori la permanenza di intellettuali critici come Víttorini e Pavese che ben presto se ne allontanarono perché non sopportavano i limiti imposti dal dogmatismo del partito. Un'altra forte perdita di consensi negli anni successivi fu causata dall'appoggio totale dato all'Unione Sovietica in occasione dell'invasione dell'Ungheria, 1956, quando si allontanò dal partito anche Calvino.

 

Il neorealismo

La stagione del Neorealismo fiorì nell'immediato dopoguerra, in un'Italia ridotta alla fame e stremata dagli eventi bellici e dalla guerra civile. Il sollievo procurato dal ritorno alla libertà dopo il crollo del fascismo determinò nella popolazione, malgrado la povertà e i vari problemi legati alla ricostruzione del paese, sentimenti di ottimismo e di fiducia nel futuro. Nel mondo della cultura questo nuovo clima sociale dette luogo ad un intenso dibattito sul ruolo degli intellettuali nella mutata realtà e su come la letteratura potesse contribuire al processo di rinnovamento del paese. Il Neorealismo si espresse principalmente nel campo del cinema e della narrativa anche se la sua influenza si diffuse in tutti i campi della produzione culturale.

 

La narrativa neorealista

In campo letterario l’orientamento neorealista si espresse nella produzione di romanzi e racconti centrarti da una parte sulla ricostruzione documentaria dei fatti appena accaduti, per non disperderne la memoria e l'insegnamento; dall'altra sulla descrizione delle condizioni di vita delle classi umili ed emarginate. Il linguaggio era semplice, colloquiale, ricco di forme dialettali, teso a rappresentare il più fedelmente possibile la realtà. Tra gli autori più significativi del primo filone narrativo ricordiamo: Vittorini, Pavese, Fenoglio, Carlo Levi, Primo Levi, Viganò; del secondo: Pratolini, Carlo Cassola e i "regionalisti" Dessì e Ortese.

Anche Calvino e Moravia si cimentarono nella produzione di romanzi neorealisti.

 

Voci isolate

Voci non riconducibili nell'ambito del Neorealismo furono quelle di Brancati, Buzzati, Landolfi e Gadda. Nell'opera di questi autori non prevalse la descrizione oggettiva della realtà, ma una rappresentazione di questa deformata in chiave critica.

1n particolare Gadda attraverso un originalissimo impasto linguistico condusse una violenta polemica nei confronti della società contemporanea, mettendone in risalto con corrosiva ironia, vizi e debolezze.

 

La crisi del neorealismo

A partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta la letteratura italiana entrò in una nuova fase, non più prevalentemente caratterizzata dall'impegno e dall'interesse per la realtà politica e sociale. Gli autori di questo periodo recuperarono temi legati alla dimensione interiore, allo scavo nella memoria e nei sentimenti. Ciascuno di questi autori rappresenta un caso a sé, ma sono tutti esponenti di una fase che si può definire di crisi del Neorealismo.

Tra questi autori citiamo Bassani, Tomasi di Lampedusa e Sciascia.

Anche Calvino si distaccò ben presto dalla narrazione neorealista, che aveva contraddistinto la sua prima produzione, raccontando storie fantastiche ricche di ironia.

 

Neoavanguardie e «letteratura industriale» in italia

Non si può parlare di una vera e propria narrativa neoavanguardistica: mossi da intenti provocatori e di ribellione contro la cultura contemporanea e suoi linguaggi, gli intellettuali del Gruppo 63 (Balestrini, Sanguineti, Pagliarani) attuarono sperimentazioni linguistiche e stilistiche tese a disgregare l'impianto narrativo e lirico tradizionale. La cosiddetta «letteratura industriale» analizza, invece, l'alienazione nelle fabbriche con toni di forte polemica sociale. Tra gli autori più noti: Ottieri, Parise, Arpino e Volponi.

 

La figura di pier paolo pasolini

Intellettuale impegnato nei più vari campi della letteratura e dell'arte (saggistica, narrativa, poesia, giornalismo, cinema, teatro) Pasolini è una personalità che, collocabile al confine tra il Neorealismo e la Neoavaguardia, fece propri contenuti e forme espressive di questi due movimenti dando luogo a un’opera complessa e molto originale, basata sull'indagine del mondo reale, con un accentuato interesse per la dimensione popolare, e costantemente volta alla denuncia delle ingiustizie sociali.

 

La letteratura europea dopo gli anni cinquanta

I processi di modernizzazione e di critica verso la tradizione letteraria che in Italia portarono alla crisi del Neorealismo si manifestarono anche nella letteratura mondiale, sia in Europa che ne paesi extraeuropei. Particolarmente vivaci furono le riflessioni di poetica in Francia (dove oltre l'Esistenzialismo, troviamo l'école du regard, il gruppo «Tel Quel» e il gruppo Oulipo) in Inghilterra (dove negli anni Sessanta sorse il movimento degli angry young men) e negli Stati ­Uniti dove prese avvio il movimento della beat generation che avrebbe influenzato l'intera cultura giovanile mondiale. Molti sono stati anche i grandi narratori che non possono esser ricondotti ad una poetica precisa, come Nabokov, Hemingway, Böll, Grass, Golding, Pasternak, Bulgakov, Borges, Canetti e García Màrquez.