FRONTONE

Marco Cornelio Frontone, originario di Cirta, in Africa, visse a Roma, ove fu avvocato e retore a tal punto apprezzato da ottenere l’incarico di curare l’educazione retorica dei futuri imperatori Marco Aurelio e Lucio Vero. Nel 143 fu consul suffectus, e godette di tale fama da essere considerato dai suoi contemporanei un novello Cicerone; egli fu il rappresentante del cosiddetto movimento arcaicizzante che dominò la prosa del II secolo.

Di una sua Orazione contro i Cristiani, pronunciata tra il 162 e il 166, fa menzione l’apologista Minucio Felice nel suo Octavius (ultimo quarto II secolo); egli definisce Frontone: “non un teste diretto che arrechi la sua testimonianza, ma solo un declamatore che volle scagliare un’ingiuria” (Octavius XXXI,2), a causa delle sue accuse infamanti verso i Cristiani. 

Come risposta a questo armamentario di accuse infamanti e di seconda mano (Ho sentito dire…), possono valere le parole che il cristiano Giustino rivolgeva in quegli stessi anni ad un altro accusatore del cristianesimo, il filosofo cinico Crescente: “Veramente è ingiusto ritenere per filosofo colui che, a nostro danno, rende pubblicamente testimonianza di cose che non conosce, dicendo che i Cristiani sono atei e scellerati; e dice ciò per ricavarne grazia e favore presso la folla, che resta ingannata” (II Apologia VIII). Questo intervento raccoglie tutte assieme accuse che già circolavano dal secolo precedente, sottintese fin dalle parole di Tacito; ma se alcuni storici si prendevano la briga di verificarne la veridicità, come fece Plinio il Giovane, altri contribuivano a diffonderle.

Interessante il riferimento al culto della testa d’asino, una vecchia accusa già usata da Tacito contro gli Ebrei, dalla quale si era già difeso Giuseppe Flavio (Historiae V, 3-4; Contra Apionem, II, 80.); di essa abbiamo anche una rappresentazione figurativa, un graffito di età severiana ritrovato sul Palatino, e ora conservato nell’antiquarium, raffigurante la caricatura di un uomo crocifisso con testa d’asino, con ai suoi piedi un altro uomo in atto di adorazione, il tutto accompagnato dalla scritta: “Alessameno adora il suo Dio”.