Minucio Felice

Di Minucio si sa veramente poco, neppure il luogo di nascita è certo, sebbene si tenda generalmente a considerarlo di origine numidica e nativo di Cartagine per il fatto che il nomen "Minucius" e il cognomen "Felix" compaiono in diverse iscrizioni africane e perché Ottavio, uno degli interlocutori del dialogo, sembra provenire dall'Africa, a quanto risulta dalle parole stesse di Minucio.

Incerta è anche l'epoca in cui vive ed opera, probabilmente tra il II e il III sec. La coincidenza di concetti e modalità espressive tra alcuni passi dell'Octavius e dell'Apologeticum fanno ritenere che il dialogo possa risalire agli ultimi decenni del II sec. d.C. Allo stesso periodo (fra Marco Aurelio e Commodo) si fanno risalire anche gli scritti di altri apologeti, in lingua greca, tra cui in particolare quelli di Giustino, che opera a Roma. Le sue opere presentano motivi simili a quelli espressi da Minucio nel suo trattato e analogo è l'ambito culturale in cui sono state prodotte. Minucio, nato da una famiglia pagana, è al pari di Apuleio un agiato avvocato, che esercita a Roma la sua professione, e si converte al cristianesimo probabilmente in età matura. Di lui ci è giunto solo l'Octavius, scritto forse in risposta all'attacco di un altro scrittore africano, Frontone, maestro di retorica di Marco Aurelio ed esponente della cultura pagana.

Minucio immagina di comporre il dialogo per tributare un omaggio alla memoria dell'amico e conterraneo Ottavio, che lo aveva precorso sulla via della conversione. Seguendo le modalità espositive del dialogo ciceroniano, Minucio presenta la situazione ed i personaggi prima di introdurre la discussione alla quale partecipa direttamente.

Il dialogo si apre con un intenso e delicato esordio, in cui la descrizione del paesaggio non ha la funzione di semplice sfondo ma svolge un ruolo centrale nell'economia della discussione: pone infatti immediatamente l'accento sulle bellezze del creato e sull'armonia che regola l'universo. La discussione poi si svolge seguendo una equilibrata e misurata disposizione delle parti: prima viene riferito il discorso dell'amico Cecilio, che è ancora legato alla tradizione religiosa di Roma pagana ed assume una posizione di sostanziale scetticismo, poi, dopo una breve interruzione ad opera di Minucio, prende la parola Ottavio che replica punto per punto alle argomentazioni precedenti; l'opera infine si conclude con la conversione del pagano al cristianesimo.

Questa la struttura e i contenuti dell' Octavius:

(capp. 1-4) Dopo una digressione paesaggistica, la discussione ha inizio a seguito dell'omaggio rivolto dal pagano Cecilio ad una statua di Serapide.

(capp. 5-13) Prende per primo la parola il sostenitore della dottrina pagana per attaccare duramente la dottrina cristiana. Egli sostiene le sue tesi basandosi su due assunti di fondo: la negazione di ogni idea provvidenzialistica dell'universo, poiché tutto ciò che riguarda l'uomo e le sue origini riveste un carattere quanto mai problematico e misterioso, e l'autorevolezza della religione tradizionale, che le deriva dalla sua antichità. Egli passa poi a dipingere i cristiani come gente illetterata ed empia e li accusa di praticare cerimonie sacrileghe, riprendendo le dicerie popolari sull'antropofagia, sui sacrifici umani e sulle pratiche incestuose. Confronta infine, in tono derisorio, le misere condizioni di vita dei cristiani con la loro fede nella fine del mondo, nella resurrezione dei corpi, nel giudizio universale e nella vita eterna. Conclude esortandoli a non pretendere di conoscere ciò che è al di sopra dell'uomo.

(capp. 14-15) Interviene lo stesso autore per ricordare ai due avversari la necessità di ricercare la verità senza lasciarsi trascinare dal "turgore" e perciò dal pathos delle parole (tumor eloqueutiae). (capp. 16-38) Inizia la sua replica Ottavio con la confutazione puntuale di ognuna delle accuse mosse dall'avversario contro i cristiani. Innanzitutto egli rivendica il diritto da parte di tutti gli uomini, indipendentemente dalla posizione sociale, di cercare delle risposte alle questioni relative al destino dell'uomo. La ricerca del vero è dunque una possibilità offerta a tutti e proprio dall'osservazione dei fenomeni cosmici e naturali deriva la conferma dell'esistenza di un dio, superiore ed unico, e di una provvidenza che muove l'universo. A conferma della sua tesi monoteistica Ottavio cita alcuni poeti e filosofi pagani. Passa quindi ad attaccare il politeismo della religione tradizionale, ponendo in evidenza l'assurdità e l'insensatezza di molte delle sue credenze e accusando la stessa società romana che non è certo espressione della pietas religiosa, ma della violenza contro altri popoli. Non può quindi accusare i cristiani con calunnie ed infamie. Esalta poi lo spirito di fratellanza e di giustizia, la castità, la temperanza che caratterizzano i cristiani. Nell'ultima parte del suo discorso Ottavio si sofferma sulle incomprensioni di fondo tra i cristiani e il mondo pagano, che non riescono a comunicare nonostante l'esistenza di concezioni comuni (in particolare la speculazione filosofica pagana sull'esistenza di un dio unico e su una visione provvidenzialistica dell'universo). Conclude il suo discorso riconoscendo la superiorità dei cristiani, gli unici a possedere la vera conoscenza di Dio in grado di garantire la felicità umana.

(capp. 39-40) Il confronto tra le due posizioni si conclude con il riconoscimento da parte di Cecilio della validità e superiorità delle argomentazioni di Ottavio e con le felicitazioni di Minucio, la cui funzione di arbitro si rivela inutile.

Nel dialogo particolarmente significativa è la posizione che assume l'autore, sostenitore del cristianesimo e delle ragioni del proselitismo. La novità della dottrina cristiana non è enfatizzata da Minucio che tende piuttosto a mantenere una posizione conciliante tra cultura classica e cultura cristiana e a mettere in evidenza quanto vi è di concordante tra la concezione classica e quella cristiana della vita e della religione. Insiste, cioè, soprattutto sugli elementi della teologia naturale (esistenza ed unità di Dio, interiorità e spiritualità del culto divino) e lascia in ombra le caratteristiche della Rivelazione.

Il ragionamento di Cecilio, che si snoda in tono pacato e disteso, lascia intravvedere la formazione culturale di Minucio; egli infatti attinge al patrimonio filosofico tradizionale per esporre le argomentazioni contro i cristiani. Tale formazione si rivela anche nella peculiarità della sua scrittura. Minucio è uomo di notevole cultura che nello stile composto ed elegante attinge a modelli classici, come i dialoghi di Cicerone e di Seneca, e lascia intravvedere tracce dell'arcaismo di Frontone. L' armonia compositiva, cui si accompagna uno stile disteso ed elegante, fanno dell'Octavius un esempio di controversia cristiana. Nonostante il tono oratorio, proprio della controversia, ossia della esercitazione retorica, la difesa delle sue idee risulta genuina e sentita.

Contraddistingue inoltre questa apologia una accurata proprietà di linguaggio e una attenzione alla armonia della frase che trova in Cicerone il suo modello. Non mancano echi senecani e contatti con la filosofia stoica, come pure affiorano rapporti stilistici e tematici con il Dialogus di Tacito e l'opera di Apuleio. L'opera è chiaramente diretta ai pagani colti.

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